Progetti e speranze per il futuro gardesano.
Anno 1988…stagione turistica gardesana: 11.000.000 di presenze, 1251 strutture turistiche, di cui 1093 alberghi, 127 campeggi e 31 residence con “licenza di albergo”.
Il 75% delle strutture alberghiere di allora risultavano di 1 o 2 stelle.
La politica e gli enti si interrogavano quindi sulla necessità di evolvere qualitativamente in quanto si avvicinava l’apertura delle frontiere e la “libera circolazione”, prevista con la firma del “Trattato sull’Unione Europea” di Maastricht, avvenuta poi nel 1992.
Ci si poneva come obiettivo una migliore accoglienza turistica, il miglioramento delle strutture e dei servizi al fine di essere pronti all’aumento stimato della presenza straniera, allora ipotizzata e poi, come sappiamo oggi, ampiamente confermata: nel 2019 erano 24.000.000 le presenze turistiche sul Garda, + 13.000.000 in tre decadi.
Ciò che ho scritto è parte dei contenuti della conferenza “IL GARDA SI INTERROGA”, che si tenne a Valeggio sul Mincio nel 1989, organizzata dalla Comunità del Garda, con l’allora presidente Franco Todesco, il sottosegretario al commercio Alberto Rossi, con la presenza come moderatore del presidente ENIT, Marino Corona, allora Ente Nazionale Italiano per il Turismo, oggi: “Agenzia Nazionale del Turismo”.
Resto stupito rispetto i dati di allora sul turismo, che numericamente e qualitativamente in poco più di trent’anni si è completamente modificato.
Proprio in quei periodi, parallelamente ai progetti sull’evoluzione del turismo avveniva anche una rapida evoluzione verso l’eutrofizzazione delle acque gardesane e si attraversava un periodo di grave siccità, con una veloce rarefazione del canneto, cominciata già nei decenni precedenti.
Le immagini video di allora, anno 1988, riprendevano alcuni porti del basso Garda completamente secchi, asciugati, con le barche appoggiate sui fondali, a loro volta esposti a marcire alla luce del sole, il Canneto completamente secco e arido lungo i litorali…immagini forti e indicative non tanto di una colpevole mal gestione imputabile a singole persone, ma di una evidente difficoltà di coordinamento generale sull’uso plurimo della risorsa idrica e della sua centralità rispetto l’ambiente.
Già però c’era chi denunciava questa pericolosa deriva, come Enzo Oppi, importante ittiologo gardesano e il consigliere della regione Veneto Renzo Cabrini della Liga Veneta, che esponeva il rischio della scomparsa di specie ittiche in relazione al calare del Canneto, cosa effettivamente in parte avvenuta.
Oggi abbiamo una situazione che su alcuni fronti è arrivata ad esaudire gli inviti e le indicazioni esposte durante il convegno del 1989 di Valeggio.
Le strutture sono aumentate, per soddisfare la crescente richiesta di mercato, la qualità delle stesse è sensibilmente cresciuta e tende all’eccellenza, sia come camping che strutture alberghiere.
La realizzazione e messa in funzione del sistema di collettamento e depurazione ha scongiurato l’eutrofizzazione del Garda.
Inoltre, recentemente, il coordinamento con le esigenze di monte e di valle, in merito alla risorsa idrica, ha notevolmente ottimizzato il suo consumo e la derivazione stagionale, nonostante qualche fenomeno estremo come nel 2003 e 2007.
Ogni cosa, se guardata nella giusta prospettiva, analizzando l’evoluzione storica, assume un aspetto molto più chiaro, comprensibile e completo…spesso sarebbe proprio utile usare questo parametro di valutazione prima di formulare giudizi superficiali sul Lago di Garda, sulla sua economia e sul suo ambiente.
Insomma tutto questo per evidenziare un percorso che il territorio gardesano, seppur a singhiozzo e tra molte difficoltà, è riuscito negli anni a seguire e perseguire portando, in un quadro generale, un miglioramento dei territori, con un netto consolidamento dell’economia turistica e in parte, ma solo in parte per ora, anche della situazione ambientale.
Certamente quest’ultima non ha avuto modo di procedere e non ha goduto delle stesse attenzioni e finanziamenti che hanno interessato il settore turistico.
Sono comunque convinto che la sempre maggior consapevolezza verso l’importante interazione tra ambiente ed economia, stia gradualmente generando dei risultati positivi, almeno in termini di “presa di coscienza”.
Per il rilancio turistico degli anni ’80 si auspicava l’intervento degli istituiti bancari con tassi agevolati e accessibili per gli investimenti necessari a tal fine, la stessa cosa sarebbe oggi da richiedere a livello politico per finanziare la rinaturalizzazione degli habitat costieri e il recupero della biodiversità ittica.
Come allora anche oggi la Comunità del Garda c’è, cercando di evidenziare e indicare la migliore strada possibile per la tutela e la crescita del Lago di Garda, a 360°.
E’ evidente come le indicazioni e previsioni di trent’anni fa si sono rivelate assolutamente corrette, tant’è che oggi ne stiamo vivendo e vedendo i risultati, positivi e negativi.
Purtroppo alcune preoccupazioni allora esposte risultano tutt’ora attuali, il che indica che per anni determinate questioni ambientali sono rimaste di fatto “al palo”.
Al netto di tutto quanto scritto sono convinto che lo “step” successivo spetti ora a noi, ovvero allineare e riequilibrare il valore dell’habitat, ambiente ed ittiofauna al turismo, inteso nella sua globalità, affinchè il futuro e le esigenze del bacino benacense possano evolvere, come dovrebbero, finalmente alla pari e su binari paralleli.
Il 75% delle strutture alberghiere di allora risultavano di 1 o 2 stelle.
La politica e gli enti si interrogavano quindi sulla necessità di evolvere qualitativamente in quanto si avvicinava l’apertura delle frontiere e la “libera circolazione”, prevista con la firma del “Trattato sull’Unione Europea” di Maastricht, avvenuta poi nel 1992.
Ci si poneva come obiettivo una migliore accoglienza turistica, il miglioramento delle strutture e dei servizi al fine di essere pronti all’aumento stimato della presenza straniera, allora ipotizzata e poi, come sappiamo oggi, ampiamente confermata: nel 2019 erano 24.000.000 le presenze turistiche sul Garda, + 13.000.000 in tre decadi.
Ciò che ho scritto è parte dei contenuti della conferenza “IL GARDA SI INTERROGA”, che si tenne a Valeggio sul Mincio nel 1989, organizzata dalla Comunità del Garda, con l’allora presidente Franco Todesco, il sottosegretario al commercio Alberto Rossi, con la presenza come moderatore del presidente ENIT, Marino Corona, allora Ente Nazionale Italiano per il Turismo, oggi: “Agenzia Nazionale del Turismo”.
Resto stupito rispetto i dati di allora sul turismo, che numericamente e qualitativamente in poco più di trent’anni si è completamente modificato.
Proprio in quei periodi, parallelamente ai progetti sull’evoluzione del turismo avveniva anche una rapida evoluzione verso l’eutrofizzazione delle acque gardesane e si attraversava un periodo di grave siccità, con una veloce rarefazione del canneto, cominciata già nei decenni precedenti.
Le immagini video di allora, anno 1988, riprendevano alcuni porti del basso Garda completamente secchi, asciugati, con le barche appoggiate sui fondali, a loro volta esposti a marcire alla luce del sole, il Canneto completamente secco e arido lungo i litorali…immagini forti e indicative non tanto di una colpevole mal gestione imputabile a singole persone, ma di una evidente difficoltà di coordinamento generale sull’uso plurimo della risorsa idrica e della sua centralità rispetto l’ambiente.
Già però c’era chi denunciava questa pericolosa deriva, come Enzo Oppi, importante ittiologo gardesano e il consigliere della regione Veneto Renzo Cabrini della Liga Veneta, che esponeva il rischio della scomparsa di specie ittiche in relazione al calare del Canneto, cosa effettivamente in parte avvenuta.
Oggi abbiamo una situazione che su alcuni fronti è arrivata ad esaudire gli inviti e le indicazioni esposte durante il convegno del 1989 di Valeggio.
Le strutture sono aumentate, per soddisfare la crescente richiesta di mercato, la qualità delle stesse è sensibilmente cresciuta e tende all’eccellenza, sia come camping che strutture alberghiere.
La realizzazione e messa in funzione del sistema di collettamento e depurazione ha scongiurato l’eutrofizzazione del Garda.
Inoltre, recentemente, il coordinamento con le esigenze di monte e di valle, in merito alla risorsa idrica, ha notevolmente ottimizzato il suo consumo e la derivazione stagionale, nonostante qualche fenomeno estremo come nel 2003 e 2007.
Ogni cosa, se guardata nella giusta prospettiva, analizzando l’evoluzione storica, assume un aspetto molto più chiaro, comprensibile e completo…spesso sarebbe proprio utile usare questo parametro di valutazione prima di formulare giudizi superficiali sul Lago di Garda, sulla sua economia e sul suo ambiente.
Insomma tutto questo per evidenziare un percorso che il territorio gardesano, seppur a singhiozzo e tra molte difficoltà, è riuscito negli anni a seguire e perseguire portando, in un quadro generale, un miglioramento dei territori, con un netto consolidamento dell’economia turistica e in parte, ma solo in parte per ora, anche della situazione ambientale.
Certamente quest’ultima non ha avuto modo di procedere e non ha goduto delle stesse attenzioni e finanziamenti che hanno interessato il settore turistico.
Sono comunque convinto che la sempre maggior consapevolezza verso l’importante interazione tra ambiente ed economia, stia gradualmente generando dei risultati positivi, almeno in termini di “presa di coscienza”.
Per il rilancio turistico degli anni ’80 si auspicava l’intervento degli istituiti bancari con tassi agevolati e accessibili per gli investimenti necessari a tal fine, la stessa cosa sarebbe oggi da richiedere a livello politico per finanziare la rinaturalizzazione degli habitat costieri e il recupero della biodiversità ittica.
Come allora anche oggi la Comunità del Garda c’è, cercando di evidenziare e indicare la migliore strada possibile per la tutela e la crescita del Lago di Garda, a 360°.
E’ evidente come le indicazioni e previsioni di trent’anni fa si sono rivelate assolutamente corrette, tant’è che oggi ne stiamo vivendo e vedendo i risultati, positivi e negativi.
Purtroppo alcune preoccupazioni allora esposte risultano tutt’ora attuali, il che indica che per anni determinate questioni ambientali sono rimaste di fatto “al palo”.
Al netto di tutto quanto scritto sono convinto che lo “step” successivo spetti ora a noi, ovvero allineare e riequilibrare il valore dell’habitat, ambiente ed ittiofauna al turismo, inteso nella sua globalità, affinchè il futuro e le esigenze del bacino benacense possano evolvere, come dovrebbero, finalmente alla pari e su binari paralleli.