Lo Spinarello nel Lago di Garda.
“El diaol a le so nosse l’ha envidà tuti i pesci for ch’el roncò”.
Tradotto dal veronese significa: “Il diavolo alle sue nozze ha invitato tutti i pesci eccetto lo Spinarello”, giusto per introdurre, con un detto popolare risalente a oltre due secoli fa, la considerazione verso questo pesce combattivo, dotato di denti e aculei che, al posto delle squame, aveva scudetti ossei protettivi.
Parliamo dello Spinarello, detto anche roncò, spinarèll in veronese o roncù e spinarùl in bresciano.
Questo piccolo pesce, il più piccolo nel Garda, gregario, non era certo rinomato o ricercato dai pescatori di professione come preda ambita, ma forniva, almeno così ho potuto leggere su vecchi testi gardesani, una buona frittura e quindi suscitava nei pescatori un certo interesse.
Lo si usava mangiare fritto con la polenta e aveva carni molto magre, quasi troppo per le esigenze di allora.
Negli ittiologi del tempo, parlo di fine ‘800 e primissimi anni del ‘900, suscitava molta curiosità per le sue caratteristiche morfologiche particolari.
“Per l’eleganza della forma e dei movimenti lo Spinarello è il più perfetto della famiglia ittica locale.
Per esso la natura ha rubato i colori più delicati ai salmonidi ed ai cupleidi, le linee più corrette ed artistiche e a protezione del minuscolo capolavoro, ha poi profuso armi e corazze”.
Così scriveva il Malfer, nel suo testo “Il Benaco” dedicando ben 22 pagine di descrizione allo Spinarello.
Secondo Malesani (1973) é sparito dal Garda agli inizi degli anni ’70, anche se qualche esemplare pare sia sopravvissuto in quanto ci sono delle foto scattate da alcuni subacquei.
Quando ampiamente presente nel Garda viveva principalmente nel bacino orientale, quindi dalla linea tra San Vigilio e Sirmione in giù verso sud fino a Peschiera del Garda, in branchi che potevano anche contare 20/30.000 esemplari, mediamente con una misura di 4 cm.
Il suo habitat ideale era il fondale erboso, dai 15 ai 45mt di profondità.
Da queste profondità, a partire da metà ottobre, risaliva fino alle sponde, dove lo si vedeva fare quello che i pescatori del tempo indicavano con il termine “frilla frilla”, ovvero saltare fuori dalle acque producendo un rumore, con le pinne sul pelo dell’acqua, che veniva così descritto con questa parola onomatopeica.
Come mai lo Spinarello si é così ridotto nel Garda tanto da essere considerato, in alcuni testi di ittiofauna come estinto?
Non è una domanda con una risposta certa per quanto ho potuto studiare.
Forse un peso importante in questo è stato dato da un parassita, lo Schistocephalus gasterostei, che si riscontrava talvolta nella Alborella e Cagnetta(mágnara).
Nei branchi di Spinarello invece la presenza di questo parassita era stata valutata in percentuale ben maggiore.
Gli studi ne certificarono la presenza dal 25% fino al 90%, determinando le oscillazioni della presenza di questo pesce, che non è mai stata regolare nel tempo.
Ad anni di abbondanza seguivano anni di vera e propria rarefazione.
Probabilmente, ma questa è solo una mia ipotesi personale, la modifica dell’habitat e qualità delle acque, nonché delle zone litorali, ha determinato il probabile punto di non ritorno della specie.
Strano destino per questo pesce tant’è che, per concludere questo post, provo a parafrasare un concetto dell’ittiologo Floreste Malfer riguardo il futuro di questa specie nel Garda: ”la perfezione, il carattere combattivo, tenace e molto resistente, senza competitori alimentari particolari ne predatori, in virtù dei suoi aculei e una sua innata e severa selezione naturale renderà lo Spinarello una di quelle specie in grado di sopravvivere nel tempo anche all’uomo”…il destino sembrerebbe aver deciso diversamente ma credo o almeno voglio credere, non sia così.
#contrattodilagodelgarda
Tradotto dal veronese significa: “Il diavolo alle sue nozze ha invitato tutti i pesci eccetto lo Spinarello”, giusto per introdurre, con un detto popolare risalente a oltre due secoli fa, la considerazione verso questo pesce combattivo, dotato di denti e aculei che, al posto delle squame, aveva scudetti ossei protettivi.
Parliamo dello Spinarello, detto anche roncò, spinarèll in veronese o roncù e spinarùl in bresciano.
Questo piccolo pesce, il più piccolo nel Garda, gregario, non era certo rinomato o ricercato dai pescatori di professione come preda ambita, ma forniva, almeno così ho potuto leggere su vecchi testi gardesani, una buona frittura e quindi suscitava nei pescatori un certo interesse.
Lo si usava mangiare fritto con la polenta e aveva carni molto magre, quasi troppo per le esigenze di allora.
Negli ittiologi del tempo, parlo di fine ‘800 e primissimi anni del ‘900, suscitava molta curiosità per le sue caratteristiche morfologiche particolari.
“Per l’eleganza della forma e dei movimenti lo Spinarello è il più perfetto della famiglia ittica locale.
Per esso la natura ha rubato i colori più delicati ai salmonidi ed ai cupleidi, le linee più corrette ed artistiche e a protezione del minuscolo capolavoro, ha poi profuso armi e corazze”.
Così scriveva il Malfer, nel suo testo “Il Benaco” dedicando ben 22 pagine di descrizione allo Spinarello.
Secondo Malesani (1973) é sparito dal Garda agli inizi degli anni ’70, anche se qualche esemplare pare sia sopravvissuto in quanto ci sono delle foto scattate da alcuni subacquei.
Quando ampiamente presente nel Garda viveva principalmente nel bacino orientale, quindi dalla linea tra San Vigilio e Sirmione in giù verso sud fino a Peschiera del Garda, in branchi che potevano anche contare 20/30.000 esemplari, mediamente con una misura di 4 cm.
Il suo habitat ideale era il fondale erboso, dai 15 ai 45mt di profondità.
Da queste profondità, a partire da metà ottobre, risaliva fino alle sponde, dove lo si vedeva fare quello che i pescatori del tempo indicavano con il termine “frilla frilla”, ovvero saltare fuori dalle acque producendo un rumore, con le pinne sul pelo dell’acqua, che veniva così descritto con questa parola onomatopeica.
Come mai lo Spinarello si é così ridotto nel Garda tanto da essere considerato, in alcuni testi di ittiofauna come estinto?
Non è una domanda con una risposta certa per quanto ho potuto studiare.
Forse un peso importante in questo è stato dato da un parassita, lo Schistocephalus gasterostei, che si riscontrava talvolta nella Alborella e Cagnetta(mágnara).
Nei branchi di Spinarello invece la presenza di questo parassita era stata valutata in percentuale ben maggiore.
Gli studi ne certificarono la presenza dal 25% fino al 90%, determinando le oscillazioni della presenza di questo pesce, che non è mai stata regolare nel tempo.
Ad anni di abbondanza seguivano anni di vera e propria rarefazione.
Probabilmente, ma questa è solo una mia ipotesi personale, la modifica dell’habitat e qualità delle acque, nonché delle zone litorali, ha determinato il probabile punto di non ritorno della specie.
Strano destino per questo pesce tant’è che, per concludere questo post, provo a parafrasare un concetto dell’ittiologo Floreste Malfer riguardo il futuro di questa specie nel Garda: ”la perfezione, il carattere combattivo, tenace e molto resistente, senza competitori alimentari particolari ne predatori, in virtù dei suoi aculei e una sua innata e severa selezione naturale renderà lo Spinarello una di quelle specie in grado di sopravvivere nel tempo anche all’uomo”…il destino sembrerebbe aver deciso diversamente ma credo o almeno voglio credere, non sia così.
#contrattodilagodelgarda