La Carpa…il gigante gardesano.
Quale era il più grosso pesce che popolava il Lago di Garda fino agli anni ’80?
La Carpa…che in dialetto veniva chiamata anche bùlbaro, bùlber o raìna.
Fa parte della famiglia dei ciprinidi ed è un pesce molto adattabile ed in grado di acclimatarsi in vari ambienti, anche molto diversi tra loro.
Per questo la sua diffusione dalla Cina o dal Caspio, che rappresentano alcuni possibili luoghi di origine con il bacino dell’Amur e il Giappone, è stata agevolata e possibile già in tempi antichi.
In Italia sembra presente da tempo immemore, addirittura immessa già nel periodo romano.
La sua alimentazione è basata su piccoli animali, insetti, anche in forme larvali e piccoli crostacei bentonici, così come dimostrarono le varie ricerche fatte sugli esemplari pescati nel Benaco ancora agli inizi del secolo scorso.
La Carpa ha da sempre popolato quasi esclusivamente la parte sud del Garda, quindi tutto il bacino meridionale del lago, con la predilezione della sponda ovest, compresa tra Punta Grò e Peschiera del Garda, dove, all’inizio del periodo di riproduzione, normalmente in aprile, quando la temperatura dell’acqua arriva sui 16-18 gradi, comincia a migrare in acque basse, principalmente tra i canneti della Lugana, fino anche lungo il decorso del Fiume Mincio.
La frega era raccontata, quando la popolazione di Carpe era probabilmente più abbondante di oggi, come un momento davvero particolare, quasi impressionante per come avveniva.
I pescatori, nel secolo scorso, le vedevano ma soprattutto le sentivano fregare dentro i canneti e in pochi centimetri d’acqua, producendo un rumore fortissimo, dato dagli schiaffi delle pinne sull’acqua, dal veloce movimento dei fusti del Canneto uno contro l’altro che si muovevano quindi in modo convulso e dallo sfregamento dei sassi generato dal moto natatorio impresso da questi pesci, in grado di raggiungere dimensioni notevoli, anche oltre i 25/30kg.
La Carpa veniva anticamente considerata come un pesce dalle carni buone, forse perchè tendenzialmente grassa, quando il grasso non era certo demonizzato come oggi, anzi.
Quindi era parte della alimentazione e della dieta gardesana. La si consumava fritta, arrosto e in umido e anche per la Carpa valeva il detto, ben conosciuto da tutti i pescatori gardesani, ovvero che: “anca i pesci i gà le so stagioni” (anche i pesci hanno la loro stagionalità).
Infatti, come per altre specie ittiche, la qualità delle carni risente molto del periodo di frega, ovvero il momento della posa delle uova…che normalmente rende le carni del pesce di mediocri, non paragonabili rispetto quando pescati “fuori frega”.
Infatti in molti prezziari risalenti almeno al secolo scorso, vi era una netta distinzione di valore economico tra il pesce pescato durante il “periodo di fregola” rispetto quello pescato “fuori fregola”.
Chiaramente il primo era venduto ad un prezzo minore per questo motivo.
La Carpa quindi, come detto, aveva un suo ruolo, seppur veramente marginale, nell’economia ittica.
Nei primi del ‘900 il quantitativo pescato si aggirava sui 50-60 quintali in periodo di fregola e 10-30 al di fuori.
Ovviamente, vale per tutte le specie ittiche, la pesca durante il periodo di riproduzione risulta sempre più semplice per il fatto che il pesce tende a radunarsi in determinati luoghi e ore, riducendo molto le sue attenzioni difensive prediligendo l’unico vero obiettivo dato dall’imprinting genetico, ovvero la conservazione della specie attraverso la riproduzione.
Oggi la Carpa viene pescata dai pescatori sportivi, attraverso lo stile del “Carp Fishing”, che prevede una pesca detta “Catch and Release”, decisamente quindi non impattante per la specie e anzi, vedendo la bontà del movimento dei pescatori sportivi intorno a questo stile di pesca, devo dire che sono molto attenti sia alla conservazione della specie, sia all’ambiente che alle modalità di cattura e rilascio del pesce.
Quindi, come si dice in questi casi, è una pesca sportiva sostenibile, come ho avuto modo di capire rispetto anche la pesca al Black Bass.
Il problema di un ipotetico eccessivo prelievo, se mai, va ricercato nei pescatori di professione che, principalmente per questa specie, trovano convenienza a prelevarla per venderla nelle cave di pesca sportive.
Questo prelievo è comunque legale, lecito, quando praticato da pescatori di professione in regola con i permessi e attrezzature.
Vi è comunque un mercato ittico illegale, che si sviluppa attraverso prelievi con mezzi e modalità spesso non in linea con le norme vigenti, su cui bisogna mettere la parola FINE senza se e senza ma.
La vendita di queste Carpe, nei termini che ho detto, è il risultato di un progressivo e preoccupante impoverimento delle specie ittiche pregiate gardesane, come l’Anguilla, la Trota, il Carpione, Alborella, ecc…che ha portato alcuni pescatori a “virare” verso la cattura di altre specie, come la Carpa, ma anche la Scardola e il Carassio a compenso della mancanza delle altre, arrotondando quindi gli introiti economici mancanti.
La Carpa non è certo un pesce a rischio estinzione, è ben presente nel Garda, ma non è un motivo per non occuparsene.
L’equilibrio tra la pesca sportiva e di professione, tra la lecita necessità di fare il proprio lavoro e di professare la propria passione sportiva, in relazione all’equilibrio biologico e produttivo di un ambiente, oggi deve trovare un quadro normativo di lungo respiro, che è possibile realizzare solo tramite evidenze dello stato attuale ecologico ambientale.
Non è più ammissibile quindi che, forti della presenza di un Ministero della Transizione Ecologica nel nostro paese, si debba ancora rincorrere e implorare, per il più grande Lago e risorsa idropotabile d’Italia, studi e ricerche indispensabili per la sua comprensione.
Questo è certamente uno dei tanti risvolti causati dalla non conoscenza di un minimo di Cultura dell’Acqua, concausa anche dell’impoverimento della biodiversità ittica gardesana e deperimento dell’habitat.
La Carpa…che in dialetto veniva chiamata anche bùlbaro, bùlber o raìna.
Fa parte della famiglia dei ciprinidi ed è un pesce molto adattabile ed in grado di acclimatarsi in vari ambienti, anche molto diversi tra loro.
Per questo la sua diffusione dalla Cina o dal Caspio, che rappresentano alcuni possibili luoghi di origine con il bacino dell’Amur e il Giappone, è stata agevolata e possibile già in tempi antichi.
In Italia sembra presente da tempo immemore, addirittura immessa già nel periodo romano.
La sua alimentazione è basata su piccoli animali, insetti, anche in forme larvali e piccoli crostacei bentonici, così come dimostrarono le varie ricerche fatte sugli esemplari pescati nel Benaco ancora agli inizi del secolo scorso.
La Carpa ha da sempre popolato quasi esclusivamente la parte sud del Garda, quindi tutto il bacino meridionale del lago, con la predilezione della sponda ovest, compresa tra Punta Grò e Peschiera del Garda, dove, all’inizio del periodo di riproduzione, normalmente in aprile, quando la temperatura dell’acqua arriva sui 16-18 gradi, comincia a migrare in acque basse, principalmente tra i canneti della Lugana, fino anche lungo il decorso del Fiume Mincio.
La frega era raccontata, quando la popolazione di Carpe era probabilmente più abbondante di oggi, come un momento davvero particolare, quasi impressionante per come avveniva.
I pescatori, nel secolo scorso, le vedevano ma soprattutto le sentivano fregare dentro i canneti e in pochi centimetri d’acqua, producendo un rumore fortissimo, dato dagli schiaffi delle pinne sull’acqua, dal veloce movimento dei fusti del Canneto uno contro l’altro che si muovevano quindi in modo convulso e dallo sfregamento dei sassi generato dal moto natatorio impresso da questi pesci, in grado di raggiungere dimensioni notevoli, anche oltre i 25/30kg.
La Carpa veniva anticamente considerata come un pesce dalle carni buone, forse perchè tendenzialmente grassa, quando il grasso non era certo demonizzato come oggi, anzi.
Quindi era parte della alimentazione e della dieta gardesana. La si consumava fritta, arrosto e in umido e anche per la Carpa valeva il detto, ben conosciuto da tutti i pescatori gardesani, ovvero che: “anca i pesci i gà le so stagioni” (anche i pesci hanno la loro stagionalità).
Infatti, come per altre specie ittiche, la qualità delle carni risente molto del periodo di frega, ovvero il momento della posa delle uova…che normalmente rende le carni del pesce di mediocri, non paragonabili rispetto quando pescati “fuori frega”.
Infatti in molti prezziari risalenti almeno al secolo scorso, vi era una netta distinzione di valore economico tra il pesce pescato durante il “periodo di fregola” rispetto quello pescato “fuori fregola”.
Chiaramente il primo era venduto ad un prezzo minore per questo motivo.
La Carpa quindi, come detto, aveva un suo ruolo, seppur veramente marginale, nell’economia ittica.
Nei primi del ‘900 il quantitativo pescato si aggirava sui 50-60 quintali in periodo di fregola e 10-30 al di fuori.
Ovviamente, vale per tutte le specie ittiche, la pesca durante il periodo di riproduzione risulta sempre più semplice per il fatto che il pesce tende a radunarsi in determinati luoghi e ore, riducendo molto le sue attenzioni difensive prediligendo l’unico vero obiettivo dato dall’imprinting genetico, ovvero la conservazione della specie attraverso la riproduzione.
Oggi la Carpa viene pescata dai pescatori sportivi, attraverso lo stile del “Carp Fishing”, che prevede una pesca detta “Catch and Release”, decisamente quindi non impattante per la specie e anzi, vedendo la bontà del movimento dei pescatori sportivi intorno a questo stile di pesca, devo dire che sono molto attenti sia alla conservazione della specie, sia all’ambiente che alle modalità di cattura e rilascio del pesce.
Quindi, come si dice in questi casi, è una pesca sportiva sostenibile, come ho avuto modo di capire rispetto anche la pesca al Black Bass.
Il problema di un ipotetico eccessivo prelievo, se mai, va ricercato nei pescatori di professione che, principalmente per questa specie, trovano convenienza a prelevarla per venderla nelle cave di pesca sportive.
Questo prelievo è comunque legale, lecito, quando praticato da pescatori di professione in regola con i permessi e attrezzature.
Vi è comunque un mercato ittico illegale, che si sviluppa attraverso prelievi con mezzi e modalità spesso non in linea con le norme vigenti, su cui bisogna mettere la parola FINE senza se e senza ma.
La vendita di queste Carpe, nei termini che ho detto, è il risultato di un progressivo e preoccupante impoverimento delle specie ittiche pregiate gardesane, come l’Anguilla, la Trota, il Carpione, Alborella, ecc…che ha portato alcuni pescatori a “virare” verso la cattura di altre specie, come la Carpa, ma anche la Scardola e il Carassio a compenso della mancanza delle altre, arrotondando quindi gli introiti economici mancanti.
La Carpa non è certo un pesce a rischio estinzione, è ben presente nel Garda, ma non è un motivo per non occuparsene.
L’equilibrio tra la pesca sportiva e di professione, tra la lecita necessità di fare il proprio lavoro e di professare la propria passione sportiva, in relazione all’equilibrio biologico e produttivo di un ambiente, oggi deve trovare un quadro normativo di lungo respiro, che è possibile realizzare solo tramite evidenze dello stato attuale ecologico ambientale.
Non è più ammissibile quindi che, forti della presenza di un Ministero della Transizione Ecologica nel nostro paese, si debba ancora rincorrere e implorare, per il più grande Lago e risorsa idropotabile d’Italia, studi e ricerche indispensabili per la sua comprensione.
Questo è certamente uno dei tanti risvolti causati dalla non conoscenza di un minimo di Cultura dell’Acqua, concausa anche dell’impoverimento della biodiversità ittica gardesana e deperimento dell’habitat.