Il Cuore del Lago di Garda…tra storia e ittiofauna.
Sapete dove si trova il “cuore” del Lago di Garda”?
Questo è uno degli articoli che ho scritto a cui tengo maggiormente…perchè credo riassuma perfettamente il valore e l’importanza della storia e della Cultura dell’Acqua.
Ritornando alla domanda iniziale…il “cuore” del Garda si trova sulla sommità di un monte, ma di un monte sommerso, un monte subacqueo quindi, collocato a 4,2km dal porto di Garda navigando in direzione del porto di Desenzano, che si incrocia a 2,5km da Punta San Vigilio sulla direzione S. Vigilio – Punta Grò. Secondo Floreste Malfer (1862-1932) era proprio in quel punto il cuore del Garda, ovvero sulla sommità del monte subacqueo detto Vò, sulla Secca del Vò.
In prossimità di questa secca, la profondità circostante, che arriva sugli 80mt circa si riduce fino a pochissimi metri, tanto che il 17 febbraio del 1922, in un periodo di forte magra per il Lago di Garda, a Peschiera si misurava il record negativo del livello minimo mai raggiunto: 0,07 mt sotto lo zero idrometrico e alla Secca del Vò, si poteva toccare il fondo a soli 3,39 mt, come riportato da alcuni pescatori del tempo.
Il nome Vò deriva da “vadum” ovvero guado basso o basso fondo, probabilmente molti di voi lo conosceranno per il suo palo, il Pal del Vò, conficcato sul fondo, che emerge oltre la superficie dell’acqua.
E’ come detto la sommità di un monte profondo molto esteso, che fa parte a sua volta di una catena montuosa sommersa, la dorsale San Vigilio – Grotte, che da San Vigilio appunto arriva fino alle “grotte” di Sirmione.
Una catena montuosa a tutti gli effetti che divide il Lago in due bacini distinti, dalle caratteristiche differenti, il bacino occidentale con una profondità massima di 346mt e meridionale con una profondità massima di 79mt.
Bè, la Secca del Vò è proprio la zona in cui si incrociano le correnti più forti del Lago di Garda, molte sue zone risultano per questo pulite dal limo, levigate e a sasso scoperto nella parte superiore e sui fianchi, in altre sue parti invece ci sono alghe e piante acquatiche che rendono questo particolare punto una meta di passaggio obbligata per tutta l’ittiofauna gardesana.
E’ per questo motivo che il Malfer lo considerava, a ragion veduta, come il cuore del Lago.
Al Vò depongono le Alose (sarde), loro zona prediletta, così anche la Trota Lacustre depone sul suo piano arenoso, così lo Spinarello, almeno una volta in quanto è ormai decimato nel Garda, la Tinca, il Luccio, il Vairone e anche l’Alborella (Aola).
E’ certamente un luogo di passaggio per le specie che migrano attraverso i due bacini gardesani, occidentale e meridionale e un luogo importante per i pescatori, in quanto costituiva un punto d’orientamento indispensabile e prezioso.
Questa storia, che vi ho raccontato velocemente, faceva parte e fa parte ancora del bagaglio di conoscenza dei pescatori “storici” del Garda, pescatori che il Lago lo conoscevano in ogni parte del suo fondale anche senza l’uso degli ecoscandagli, conoscevano le migrazioni dei suoi pesci e le zone adatte alla loro riproduzione.
Tutta questa conoscenza, tramandata da generazioni e acquisita dall’esperienza nell’osservazione e frequentazione quotidiana del Garda, rischia di essere dimenticata, in quanto i “veri” pescatori gardesani, come detto, sono sempre meno.
I motivi possono essere tanti, ma tra essi sicuramente c’é un motivo che riguarda la pesca stessa, diventata sempre più difficile in un certo senso, con meno varietà di specie disponibili e meno redditizzia di una volta, aggravata anche da licenze che sempre più spesso arrivano in mano a personaggi senza scrupoli che non hanno né arte né parte con il Garda sfruttandolo e basta e da una progressiva perdita di valori e dell’identità gardesana.
La scienza è uno strumento utilissimo nello studio dell’evoluzione biologica del Garda, così come per lo studio della sua ittiofauna, ma senza la memoria storica dei pescatori gardesani sarà sempre in difficoltà nell’arrivare a comprendere i cambiamenti in corso e l’evoluzione reale del Lago.
Non a caso i più importanti testi riguardanti l’ittiofauna gardesana sono stati realizzati da ittiologi che hanno studiato e lavorato a stretto contatto con i pescatori e le loro tradizoni ed esperienze…imparando molto da loro, come “Il Benaco” di Floreste Malfer, “Ricerche sui Pesci del Lago di Garda” di Enzo Oppi e “L’Ittiofauna del Lago di Garda” di Ivano Confortini.
#contrattodilagodelgarda
Questo è uno degli articoli che ho scritto a cui tengo maggiormente…perchè credo riassuma perfettamente il valore e l’importanza della storia e della Cultura dell’Acqua.
Ritornando alla domanda iniziale…il “cuore” del Garda si trova sulla sommità di un monte, ma di un monte sommerso, un monte subacqueo quindi, collocato a 4,2km dal porto di Garda navigando in direzione del porto di Desenzano, che si incrocia a 2,5km da Punta San Vigilio sulla direzione S. Vigilio – Punta Grò. Secondo Floreste Malfer (1862-1932) era proprio in quel punto il cuore del Garda, ovvero sulla sommità del monte subacqueo detto Vò, sulla Secca del Vò.
In prossimità di questa secca, la profondità circostante, che arriva sugli 80mt circa si riduce fino a pochissimi metri, tanto che il 17 febbraio del 1922, in un periodo di forte magra per il Lago di Garda, a Peschiera si misurava il record negativo del livello minimo mai raggiunto: 0,07 mt sotto lo zero idrometrico e alla Secca del Vò, si poteva toccare il fondo a soli 3,39 mt, come riportato da alcuni pescatori del tempo.
Il nome Vò deriva da “vadum” ovvero guado basso o basso fondo, probabilmente molti di voi lo conosceranno per il suo palo, il Pal del Vò, conficcato sul fondo, che emerge oltre la superficie dell’acqua.
E’ come detto la sommità di un monte profondo molto esteso, che fa parte a sua volta di una catena montuosa sommersa, la dorsale San Vigilio – Grotte, che da San Vigilio appunto arriva fino alle “grotte” di Sirmione.
Una catena montuosa a tutti gli effetti che divide il Lago in due bacini distinti, dalle caratteristiche differenti, il bacino occidentale con una profondità massima di 346mt e meridionale con una profondità massima di 79mt.
Bè, la Secca del Vò è proprio la zona in cui si incrociano le correnti più forti del Lago di Garda, molte sue zone risultano per questo pulite dal limo, levigate e a sasso scoperto nella parte superiore e sui fianchi, in altre sue parti invece ci sono alghe e piante acquatiche che rendono questo particolare punto una meta di passaggio obbligata per tutta l’ittiofauna gardesana.
E’ per questo motivo che il Malfer lo considerava, a ragion veduta, come il cuore del Lago.
Al Vò depongono le Alose (sarde), loro zona prediletta, così anche la Trota Lacustre depone sul suo piano arenoso, così lo Spinarello, almeno una volta in quanto è ormai decimato nel Garda, la Tinca, il Luccio, il Vairone e anche l’Alborella (Aola).
E’ certamente un luogo di passaggio per le specie che migrano attraverso i due bacini gardesani, occidentale e meridionale e un luogo importante per i pescatori, in quanto costituiva un punto d’orientamento indispensabile e prezioso.
Questa storia, che vi ho raccontato velocemente, faceva parte e fa parte ancora del bagaglio di conoscenza dei pescatori “storici” del Garda, pescatori che il Lago lo conoscevano in ogni parte del suo fondale anche senza l’uso degli ecoscandagli, conoscevano le migrazioni dei suoi pesci e le zone adatte alla loro riproduzione.
Tutta questa conoscenza, tramandata da generazioni e acquisita dall’esperienza nell’osservazione e frequentazione quotidiana del Garda, rischia di essere dimenticata, in quanto i “veri” pescatori gardesani, come detto, sono sempre meno.
I motivi possono essere tanti, ma tra essi sicuramente c’é un motivo che riguarda la pesca stessa, diventata sempre più difficile in un certo senso, con meno varietà di specie disponibili e meno redditizzia di una volta, aggravata anche da licenze che sempre più spesso arrivano in mano a personaggi senza scrupoli che non hanno né arte né parte con il Garda sfruttandolo e basta e da una progressiva perdita di valori e dell’identità gardesana.
La scienza è uno strumento utilissimo nello studio dell’evoluzione biologica del Garda, così come per lo studio della sua ittiofauna, ma senza la memoria storica dei pescatori gardesani sarà sempre in difficoltà nell’arrivare a comprendere i cambiamenti in corso e l’evoluzione reale del Lago.
Non a caso i più importanti testi riguardanti l’ittiofauna gardesana sono stati realizzati da ittiologi che hanno studiato e lavorato a stretto contatto con i pescatori e le loro tradizoni ed esperienze…imparando molto da loro, come “Il Benaco” di Floreste Malfer, “Ricerche sui Pesci del Lago di Garda” di Enzo Oppi e “L’Ittiofauna del Lago di Garda” di Ivano Confortini.
#contrattodilagodelgarda