La storia della depurazione gardesana.
Oggi proviamo a comprendere l’evoluzione e i motivi che hanno portato alla nascita dell’attuale “sistema di collettamento e depurazione”, ma per farlo bisogna fare un salto indietro nel tempo di oltre 70 anni.
E’ proprio dalle macerie e dalla povertà conseguente la fine del secondo conflitto mondiale che si creano le basi per una ripresa economico sociale in grado di portare sul Garda ricchezza e una nuova imprenditoria.
Negli anni ’50 il Lago di Garda diventa infatti una meta molto ambita dai turisti, soprattutto del nord Europa…ma per quale motivo?
E’ presto detto!
Il Garda sembra un mare nella sua parte sud orientale e un fiordo a nord e già questo rappresenta qualcosa di unico al mondo.
Inoltre è facilmente raggiungibile dall’Austria e dalla Germania, ha un clima eccezionalmente temperato, con un’offerta enogastronomica eccellente e un’accoglienza tipicamente italiana.
Sono quindi questi gli anni che vedono l’affermazione del turismo gardesano come “fenomeno” internazionale.
Il turismo incrementa di anno in anno le sue presenze, un incremento che sembra non avere limite con numeri, identificati in arrivi e presenze, davvero da capogiro.
Per stare al passo con le richieste di mercato si costruiscono velocemente alberghi, hotel, campeggi, residenze estive…quindi le strutture e i servizi, come spiagge, porti, lungolaghi e darsene.
Ciò che però allora non veniva considerato, non certo per superficialità o per pura avidità ma per una mancanza di conoscenza e coscienza a tal riguardo, era l’impatto che tale “pressione” esercitava sull’ecosistema e habitat lacustre, che solo oggi sappiamo essere tra i più delicati esistenti.
Gli anni della grande ripresa economica non lasciavano certo spazio a considerazioni a lungo termine legate alla sostenibilità ambientale, inoltre la voglia di “riscatto sociale”, per affrancarsi da quella povertà che anche il Garda conobbe bene, era davvero forte e sarebbe sbagliato, a parere mio, giudicare oggi situazioni che non abbiamo vissuto sulla “nostra pelle”.
Arrivano così gli anni ’70, il boom economico è ormai terminato e si comincia a fare i conti con problemi fino ad allora nemmeno considerati, come il costo dell’energia, in aggiunta all’impatto derivato dai gas di scarico e idrocarburi.
Si cominciano quindi a considerare le risorse naturali quali fonti esauribili e l’ambiente come elemento deteriorabile e non in grado di rigenerare sé stesso, come era allora opinione comune.
Non a caso arriva proprio in quel periodo la legge 319 del 1976 (legge Merli) che contiene le prime direttive rivolte ad un utilizzo più razionale dell’acqua, ponendo limiti per lo scarico della acque reflue nei laghi e fiumi.
Quindi è chiaro che con l’arrivo di questa legge emerge e viene considerato, a livello politico e sociale, il problema dell’inquinamento della risorsa idrica.
Già alla fine degli anni ’60 sul Garda si inizia a percepire la necessità di porre attenzione verso il Lago, che comincia infatti ad accusare i primi “sintomi” di un eccessivo sfruttamento.
Per questo motivo sempre in quel periodo, prima ancora quindi dell’entrata in vigore della “legge Merli”, la Comunità del Garda, già attiva dal 1955 come ente di rappresentanza dell’intero Lago di Garda, affida ad una società di Roma, la Italconsult, l’incarico di elaborare un progetto dal titolo a dir poco chiaro e diretto: “Programma degli interventi contro gli inquinamenti del bacino del Lago di Garda”.
La Comunità del Garda aveva allora ben compreso, dalle risultanze delle analisi degli istituti di igiene e profilassi di Verona e Brescia, la tendenza verso l’inquinamento organico e batterico delle acque gardesane.
Nonostante questi dati non fossero ancora allarmanti, si poteva già leggere una correlazione proporzionale tra l’aumento del turismo, in senso molto ampio chiaramente e l’aumento dei segnali di “stress” ambientale…più evidenti nel periodo estivo, quando le presenze turistiche chiaramente raggiungevano il loro apice.
La Comunità del Garda, coerentemente con i dati in possesso, incarica quindi il C.N.R di indagare tale fenomeno.
Si delinea così un quadro di inziale degrado del copro idrico gardesano, soprattutto legato al fattore batterico, tipico della presenza umana in un territorio non adeguatamente fornito di scarichi e collettamenti fognari.
Il progetto di Italconsult identifica, tra 5 proposte, quella di costruire un sistema di collettamento circumlacuale in grado di collettare in un unico condotto gli scarichi fognari di tutti i centri urbani, ad eccezione di Limone e del territorio trentino.
Questo sistema prevede quindi di convogliare i reflui, raccolti dalle due sponde gardesane, in un unico sistema di depurazione identificato e collocato a Peschiera del Garda, in quanto geograficamente in linea con il necessario “corpo recettore”…il Fiume Mincio.
Sotto la spinta della Comunità del Garda si creano, tra il 1974 e 1975, Garda Uno per la sponda bresciana e il Consorzio della Riviera Veronese – Garda Due (oggi AGS – Azienda Gardesana Servizi) per quella opposta veronese, allo scopo di definire il progetto esecutivo.
Tale progettazione fu certamente complessa, anche per le differenti caratteristiche geografiche delle due sponde che fecero elaborare diverse soluzioni al comitato tecnico scientifico definendo, tra mille difficoltà, il progetto e l’attuale sistema che oggi conosciamo.
Dopo 40 anni di attività di depurazione devo dire che, al netto delle polemiche e vicissitudini passate e presenti che non mi interessa citare, il depuratore di Peschiera del Garda e il sistema di collettamento gardesano hanno di fatto contribuito a mitigare e migliorare l’impatto “antropico” sul Lago di Garda.
Oggi lo stato ecologico del bacino gardesano risulta “buono”, come dal recente report di ARPAV (2020) che indica entrambi i bacini gardesani (occidentale e orientale) in classe 2, in una scala da 1 a 5.
Il Garda comunque si trova in equilibrio tra uno stato sufficiente e buono e tanto in tal senso dipende dalle temperature che regolano i rimescolamenti delle acque.
Il fenomeno del rimescolamento delle “colonne d’acqua” è vitale per il benessere del Lago ed è fortemente influenzato dai cambiamenti climatici di cui spesso sentiamo parlare…ma che sembrano sempe “non riguardarci”, quando invece ci riguardano eccome.
Sempre leggendo il report di ARPAV viene ancora confermata l’idropotabilità delle acque gardesane, conforme agli standard di qualità ambientale previsti dal D.Lgs. 152/06.
Altri laghi italiani non hanno avuto, per vari motivi, questo percorso e oggi alcuni di loro sono purtroppo delle vere “bombe” biologiche, con situazioni di eutrofizzazione delle acque e compromissione irreversibile dell’habitat ed ecosistema.
Quando si parla di depurazione e depuratori il rischio è sempre quello di sollevare polemiche, innescando recriminazioni e contestazioni di varia natura.
Io, in questo semplice articolo, ho voluto fare un ragionamento sull’evoluzione della società e una cronistoria basata su dati e fatti che, se da un lato dimostrano come l’evoluzione dell’imprenditoria e dell’economia abbiano impattato negativamente sul territorio, dimostrano dall’altro come scelte lungimiranti e coraggiose, unite alle consapevolezza, abbiano effettivamente fatto la differenza in positivo.
Questa storia, che ho cercato di sintetizzare mi auguro in modo comprensibile, credo rafforzi un concetto che ho personalmente sentito dal prof. Bertanza dell’Università di Brescia, che è tanto semplice quanto importante: “…i depuratori risolvono i problemi, non ne creano”.
#contrattodilagodelgarda
E’ proprio dalle macerie e dalla povertà conseguente la fine del secondo conflitto mondiale che si creano le basi per una ripresa economico sociale in grado di portare sul Garda ricchezza e una nuova imprenditoria.
Negli anni ’50 il Lago di Garda diventa infatti una meta molto ambita dai turisti, soprattutto del nord Europa…ma per quale motivo?
E’ presto detto!
Il Garda sembra un mare nella sua parte sud orientale e un fiordo a nord e già questo rappresenta qualcosa di unico al mondo.
Inoltre è facilmente raggiungibile dall’Austria e dalla Germania, ha un clima eccezionalmente temperato, con un’offerta enogastronomica eccellente e un’accoglienza tipicamente italiana.
Sono quindi questi gli anni che vedono l’affermazione del turismo gardesano come “fenomeno” internazionale.
Il turismo incrementa di anno in anno le sue presenze, un incremento che sembra non avere limite con numeri, identificati in arrivi e presenze, davvero da capogiro.
Per stare al passo con le richieste di mercato si costruiscono velocemente alberghi, hotel, campeggi, residenze estive…quindi le strutture e i servizi, come spiagge, porti, lungolaghi e darsene.
Ciò che però allora non veniva considerato, non certo per superficialità o per pura avidità ma per una mancanza di conoscenza e coscienza a tal riguardo, era l’impatto che tale “pressione” esercitava sull’ecosistema e habitat lacustre, che solo oggi sappiamo essere tra i più delicati esistenti.
Gli anni della grande ripresa economica non lasciavano certo spazio a considerazioni a lungo termine legate alla sostenibilità ambientale, inoltre la voglia di “riscatto sociale”, per affrancarsi da quella povertà che anche il Garda conobbe bene, era davvero forte e sarebbe sbagliato, a parere mio, giudicare oggi situazioni che non abbiamo vissuto sulla “nostra pelle”.
Arrivano così gli anni ’70, il boom economico è ormai terminato e si comincia a fare i conti con problemi fino ad allora nemmeno considerati, come il costo dell’energia, in aggiunta all’impatto derivato dai gas di scarico e idrocarburi.
Si cominciano quindi a considerare le risorse naturali quali fonti esauribili e l’ambiente come elemento deteriorabile e non in grado di rigenerare sé stesso, come era allora opinione comune.
Non a caso arriva proprio in quel periodo la legge 319 del 1976 (legge Merli) che contiene le prime direttive rivolte ad un utilizzo più razionale dell’acqua, ponendo limiti per lo scarico della acque reflue nei laghi e fiumi.
Quindi è chiaro che con l’arrivo di questa legge emerge e viene considerato, a livello politico e sociale, il problema dell’inquinamento della risorsa idrica.
Già alla fine degli anni ’60 sul Garda si inizia a percepire la necessità di porre attenzione verso il Lago, che comincia infatti ad accusare i primi “sintomi” di un eccessivo sfruttamento.
Per questo motivo sempre in quel periodo, prima ancora quindi dell’entrata in vigore della “legge Merli”, la Comunità del Garda, già attiva dal 1955 come ente di rappresentanza dell’intero Lago di Garda, affida ad una società di Roma, la Italconsult, l’incarico di elaborare un progetto dal titolo a dir poco chiaro e diretto: “Programma degli interventi contro gli inquinamenti del bacino del Lago di Garda”.
La Comunità del Garda aveva allora ben compreso, dalle risultanze delle analisi degli istituti di igiene e profilassi di Verona e Brescia, la tendenza verso l’inquinamento organico e batterico delle acque gardesane.
Nonostante questi dati non fossero ancora allarmanti, si poteva già leggere una correlazione proporzionale tra l’aumento del turismo, in senso molto ampio chiaramente e l’aumento dei segnali di “stress” ambientale…più evidenti nel periodo estivo, quando le presenze turistiche chiaramente raggiungevano il loro apice.
La Comunità del Garda, coerentemente con i dati in possesso, incarica quindi il C.N.R di indagare tale fenomeno.
Si delinea così un quadro di inziale degrado del copro idrico gardesano, soprattutto legato al fattore batterico, tipico della presenza umana in un territorio non adeguatamente fornito di scarichi e collettamenti fognari.
Il progetto di Italconsult identifica, tra 5 proposte, quella di costruire un sistema di collettamento circumlacuale in grado di collettare in un unico condotto gli scarichi fognari di tutti i centri urbani, ad eccezione di Limone e del territorio trentino.
Questo sistema prevede quindi di convogliare i reflui, raccolti dalle due sponde gardesane, in un unico sistema di depurazione identificato e collocato a Peschiera del Garda, in quanto geograficamente in linea con il necessario “corpo recettore”…il Fiume Mincio.
Sotto la spinta della Comunità del Garda si creano, tra il 1974 e 1975, Garda Uno per la sponda bresciana e il Consorzio della Riviera Veronese – Garda Due (oggi AGS – Azienda Gardesana Servizi) per quella opposta veronese, allo scopo di definire il progetto esecutivo.
Tale progettazione fu certamente complessa, anche per le differenti caratteristiche geografiche delle due sponde che fecero elaborare diverse soluzioni al comitato tecnico scientifico definendo, tra mille difficoltà, il progetto e l’attuale sistema che oggi conosciamo.
Dopo 40 anni di attività di depurazione devo dire che, al netto delle polemiche e vicissitudini passate e presenti che non mi interessa citare, il depuratore di Peschiera del Garda e il sistema di collettamento gardesano hanno di fatto contribuito a mitigare e migliorare l’impatto “antropico” sul Lago di Garda.
Oggi lo stato ecologico del bacino gardesano risulta “buono”, come dal recente report di ARPAV (2020) che indica entrambi i bacini gardesani (occidentale e orientale) in classe 2, in una scala da 1 a 5.
Il Garda comunque si trova in equilibrio tra uno stato sufficiente e buono e tanto in tal senso dipende dalle temperature che regolano i rimescolamenti delle acque.
Il fenomeno del rimescolamento delle “colonne d’acqua” è vitale per il benessere del Lago ed è fortemente influenzato dai cambiamenti climatici di cui spesso sentiamo parlare…ma che sembrano sempe “non riguardarci”, quando invece ci riguardano eccome.
Sempre leggendo il report di ARPAV viene ancora confermata l’idropotabilità delle acque gardesane, conforme agli standard di qualità ambientale previsti dal D.Lgs. 152/06.
Altri laghi italiani non hanno avuto, per vari motivi, questo percorso e oggi alcuni di loro sono purtroppo delle vere “bombe” biologiche, con situazioni di eutrofizzazione delle acque e compromissione irreversibile dell’habitat ed ecosistema.
Quando si parla di depurazione e depuratori il rischio è sempre quello di sollevare polemiche, innescando recriminazioni e contestazioni di varia natura.
Io, in questo semplice articolo, ho voluto fare un ragionamento sull’evoluzione della società e una cronistoria basata su dati e fatti che, se da un lato dimostrano come l’evoluzione dell’imprenditoria e dell’economia abbiano impattato negativamente sul territorio, dimostrano dall’altro come scelte lungimiranti e coraggiose, unite alle consapevolezza, abbiano effettivamente fatto la differenza in positivo.
Questa storia, che ho cercato di sintetizzare mi auguro in modo comprensibile, credo rafforzi un concetto che ho personalmente sentito dal prof. Bertanza dell’Università di Brescia, che è tanto semplice quanto importante: “…i depuratori risolvono i problemi, non ne creano”.
#contrattodilagodelgarda