Crisi idrica, cambiamenti climatici e Lago di Garda
Il Lago di Garda oggi (16 marzo 2022) è a +105 cm sopra lo zero idrometrico…un ottimo livello vista la stagione invernale così siccitosa.
La situazione in altri laghi e fiumi non è però così buona come sul Garda.
Le portate dei corsi d’acqua, come L’Adige, il Brenta e il Bacchiglione per esempio, segnano rispettivamente un -24%, -43% e -56%.
Non se la passa certo meglio il Fiume Po, che stà vivendo la “magra” invernale più grave degli ultimi 30 anni, raggiunta l’8 marzo 2022, con -43% di portata idrica.
Se questa indicazione, per il Fiume Po come per gli altri bacini può sembrare un’esagerazione, basta valutare qualche ulteriore dato, magari più generale.
Per quanto riguarda la neve sul nostro arco alpino, il valore di SWE (Snow Water Equivalent) che stima la quantità del manto nevoso in grado con il disgelo di rendersi disponibile come acqua, risulta su valori minimi, con punte del -80% rispetto alle medie.
In copertina a questo articolo ho proprio preso una immagine satellitare dai satelliti europei Copernicus dove già così semplicemente si nota la differenza tra marzo 2021 e 2022. Lo scarso carico nevoso attuale è indicatore sia di una situazione d’attenzione che, in prospettiva, di una possibile vera e propria crisi idrica se non ci saranno abbondanti pioggie primaverili…come si spera avverà chiaramente.
E’ chiaro che poca neve equivale a poca scorta idrica.
Ma queste notizie riguardano il Lago di Garda?
Visto che comunque, ad oggi, ha acqua in abbondanza?
Certamente sì.
Nonostante la gestione del bilancio idrico del Garda ci abbia abituato, soprattutto negli ultimi anni, ad una situazione sempre positivamente “fuori dal coro”, c’è sempre la possibilità che la sua risorsa venga in futuro ulteriormente sfruttata per compensare altrove deficit idirici di varia natura.
In aggiunta questa siccità e la tendenza generale alla stessa, certamente non aiuterà le falde idriche sotterranee, utili sia per irrigare che per uso potabile.
Visto il costante aumento del costo dell’energia, l’essere oggi in piena crisi idrica, potrebbe mettere in difficoltà anche le centrali idroelettriche che la producono, aggravando così la sitauzione.
La mancanza di pioggie, per esempio febbraio ha segnato in Veneto un -52% sulla media mensile, è certamente un problema che si somma all’aumento delle temperature, che determinano nel Lago di Garda, indipendentemnete dai sui volumi di invaso, una tendenza alla mancanza di “rimescolamento” delle colonne d’acqua, che impatta sull’ecosistema e sulla qualità dell’acqua.
Se poi consideriamo il rapporto del “World Resources Institute” il quale conferma che l’Italia sarà in una situazione di stress idrico entro il 2040, allora potrebbe anche essere il caso di tirare delle somme e prepararsi a scenari futuri ancora però tutti da comprendere.
La tutela e il risparmio idrico, in relazione all’aumento graduale delle temprature dell’acqua, saranno questioni di primaria importanza e non si potranno affrontare d’urgenza, ma solamente “giocando” d’anticipo.
A queste evidenze si aggiunge una questione ulteriore. Oggi non è sufficiente valutare solo come risparmiare o non sprecare acqua, perché questa, per essere utilizzabile e quindi per costituire una “risorsa”, deve avere la QUALITA’ che la renda tale…il che complica non poco le cose.
Tanta acqua, magari inquinata o contaminata, non rappresenta più una risorsa utile…quindi questo è un concetto davvero importantissimo da comprendere fino in fondo.
Quindi quantità deve essere necessariamente un concetto in stretta relazione con la qualità.
Ed ecco che entrano in gioco due fattori, ovvero l’habitat e la depurazione.
Un habitat naturale è in grado, quando funzionale a sè stesso, di attivare processi di fitodepurazione importantissimi, mentre i depuratori, che devono essere una risposta ma non la sola risposta al problema della qualità dei corpi idrici, devono poter godere di investimenti importanti e strategici.
La presenza di Canneto, di macrofite di varia natura, dell’ittiofauna, di litorali e/o sponde in grado di assicurare all’acqua un ricircolo idoneo all’attivazione della fitodepurazione sono tutti fattori in stretta relazione con i copri idrici.
Anche eventuali piccoli corsi d’acqua, come fossati o canaline,che possono sembrare magari non importanti invece lo sono anch’essi.
Quando cementificati o intombati infatti non riescono certo ad esprimere la possibilità di crescita ad una vegetazione in grado poi di contribuire a fitodepurare l’acqua.
Quindi la continua ricerca nel recupero dell’ittiofauna, dell’habitat, della rinaturalizzazione dei corsi d’acqua, come delle coste e litorali, parallelamente alla volontà di nuove opere, dovranno essere valutate quanto prima, come un’unica cosa attraverso un’ampia visione strategica, neache troppo a lungo termine direi.
I dati e le evidenze odierne ci dicono già a cosa stiamo andando in contro, mentre i dati scientifici, bene o male, ci confermano proprio tale direzione.
Non bisogna pensare che gli studi sui cambiamenti climatici non siano affar nostro perchè magari “proiettati” su ampia scala.
Abbiamo gli studi e le pubblicazioni di “Eulakes”, fatti proprio direttamente sul Lago di Garda, che ci confermano ciò che già a livello globale è stato pubblicato.
Quindi la soluzione più efficace e lungimirante, ma sopratutto per ora concreta per il Lago di Garda, è proseguire intanto nei principii scritti nel Contratto di Lago, come nel percorso della depurazione e nuovo collettamento del sistema fognario per esempio.
A questo si deve aggiungere una attenta valutazione degli interventi di recupero, mitigazione e ripristino degli ecosistemi, la dove possibile e/o la dove già compromessi, che possono, con una valutazione tecnica preventiva di carattere multidisciplinare, sposarsi anche un ulteriore sviluppo imprenditoriale turistico.
La situazione in altri laghi e fiumi non è però così buona come sul Garda.
Le portate dei corsi d’acqua, come L’Adige, il Brenta e il Bacchiglione per esempio, segnano rispettivamente un -24%, -43% e -56%.
Non se la passa certo meglio il Fiume Po, che stà vivendo la “magra” invernale più grave degli ultimi 30 anni, raggiunta l’8 marzo 2022, con -43% di portata idrica.
Se questa indicazione, per il Fiume Po come per gli altri bacini può sembrare un’esagerazione, basta valutare qualche ulteriore dato, magari più generale.
Per quanto riguarda la neve sul nostro arco alpino, il valore di SWE (Snow Water Equivalent) che stima la quantità del manto nevoso in grado con il disgelo di rendersi disponibile come acqua, risulta su valori minimi, con punte del -80% rispetto alle medie.
In copertina a questo articolo ho proprio preso una immagine satellitare dai satelliti europei Copernicus dove già così semplicemente si nota la differenza tra marzo 2021 e 2022. Lo scarso carico nevoso attuale è indicatore sia di una situazione d’attenzione che, in prospettiva, di una possibile vera e propria crisi idrica se non ci saranno abbondanti pioggie primaverili…come si spera avverà chiaramente.
E’ chiaro che poca neve equivale a poca scorta idrica.
Ma queste notizie riguardano il Lago di Garda?
Visto che comunque, ad oggi, ha acqua in abbondanza?
Certamente sì.
Nonostante la gestione del bilancio idrico del Garda ci abbia abituato, soprattutto negli ultimi anni, ad una situazione sempre positivamente “fuori dal coro”, c’è sempre la possibilità che la sua risorsa venga in futuro ulteriormente sfruttata per compensare altrove deficit idirici di varia natura.
In aggiunta questa siccità e la tendenza generale alla stessa, certamente non aiuterà le falde idriche sotterranee, utili sia per irrigare che per uso potabile.
Visto il costante aumento del costo dell’energia, l’essere oggi in piena crisi idrica, potrebbe mettere in difficoltà anche le centrali idroelettriche che la producono, aggravando così la sitauzione.
La mancanza di pioggie, per esempio febbraio ha segnato in Veneto un -52% sulla media mensile, è certamente un problema che si somma all’aumento delle temperature, che determinano nel Lago di Garda, indipendentemnete dai sui volumi di invaso, una tendenza alla mancanza di “rimescolamento” delle colonne d’acqua, che impatta sull’ecosistema e sulla qualità dell’acqua.
Se poi consideriamo il rapporto del “World Resources Institute” il quale conferma che l’Italia sarà in una situazione di stress idrico entro il 2040, allora potrebbe anche essere il caso di tirare delle somme e prepararsi a scenari futuri ancora però tutti da comprendere.
La tutela e il risparmio idrico, in relazione all’aumento graduale delle temprature dell’acqua, saranno questioni di primaria importanza e non si potranno affrontare d’urgenza, ma solamente “giocando” d’anticipo.
A queste evidenze si aggiunge una questione ulteriore. Oggi non è sufficiente valutare solo come risparmiare o non sprecare acqua, perché questa, per essere utilizzabile e quindi per costituire una “risorsa”, deve avere la QUALITA’ che la renda tale…il che complica non poco le cose.
Tanta acqua, magari inquinata o contaminata, non rappresenta più una risorsa utile…quindi questo è un concetto davvero importantissimo da comprendere fino in fondo.
Quindi quantità deve essere necessariamente un concetto in stretta relazione con la qualità.
Ed ecco che entrano in gioco due fattori, ovvero l’habitat e la depurazione.
Un habitat naturale è in grado, quando funzionale a sè stesso, di attivare processi di fitodepurazione importantissimi, mentre i depuratori, che devono essere una risposta ma non la sola risposta al problema della qualità dei corpi idrici, devono poter godere di investimenti importanti e strategici.
La presenza di Canneto, di macrofite di varia natura, dell’ittiofauna, di litorali e/o sponde in grado di assicurare all’acqua un ricircolo idoneo all’attivazione della fitodepurazione sono tutti fattori in stretta relazione con i copri idrici.
Anche eventuali piccoli corsi d’acqua, come fossati o canaline,che possono sembrare magari non importanti invece lo sono anch’essi.
Quando cementificati o intombati infatti non riescono certo ad esprimere la possibilità di crescita ad una vegetazione in grado poi di contribuire a fitodepurare l’acqua.
Quindi la continua ricerca nel recupero dell’ittiofauna, dell’habitat, della rinaturalizzazione dei corsi d’acqua, come delle coste e litorali, parallelamente alla volontà di nuove opere, dovranno essere valutate quanto prima, come un’unica cosa attraverso un’ampia visione strategica, neache troppo a lungo termine direi.
I dati e le evidenze odierne ci dicono già a cosa stiamo andando in contro, mentre i dati scientifici, bene o male, ci confermano proprio tale direzione.
Non bisogna pensare che gli studi sui cambiamenti climatici non siano affar nostro perchè magari “proiettati” su ampia scala.
Abbiamo gli studi e le pubblicazioni di “Eulakes”, fatti proprio direttamente sul Lago di Garda, che ci confermano ciò che già a livello globale è stato pubblicato.
Quindi la soluzione più efficace e lungimirante, ma sopratutto per ora concreta per il Lago di Garda, è proseguire intanto nei principii scritti nel Contratto di Lago, come nel percorso della depurazione e nuovo collettamento del sistema fognario per esempio.
A questo si deve aggiungere una attenta valutazione degli interventi di recupero, mitigazione e ripristino degli ecosistemi, la dove possibile e/o la dove già compromessi, che possono, con una valutazione tecnica preventiva di carattere multidisciplinare, sposarsi anche un ulteriore sviluppo imprenditoriale turistico.