La storia delle derivazioni idriche dal Garda…quale futuro?
Guardando queste foto del Fiume Mincio, scattate negli anni ’30, quando ancora esprimeva il suo stato originario, mi è venuta naturale una riflessione.
Ponendo un minimo di attenzione alle immagini allegate si nota l’enorme estensione del Canneto lungo il fiume, si vedono i canali naturali che si intrecciavano tra gli isolotti, le “pesche” e i mulini, in queste foto si vedono appunto i “Mulini della Fame”, collocati tra Salionze e Monzambano.
Portare l’acqua attraverso canalizzazioni o fossati cementificati, come in canali intombati…è una questione che potrebbe essere riconsiderata alla luce delle esigenze di oggi?
Ci sono infatti delle questioni che mi pare possano essere degne di un’approfondita valutazione, rispetto il valore rappresentato dall’acqua.
Ecco che leggendo gli atti del convegno dal titolo “La Risorsa Idrica” del 1994 promosso dalla Comunità del Garda, considerando le premesse fatte, mi sono imbattuto in una considerazione rispetto l’efficienza dell’acqua trasportata attraverso canalette cementificate in relazione a quella che arriva dalle falde sotterranee o canali naturali.
La prima, seppur magari molto ossigenata, non ha alcuna capacità di auto-depurarsi, non vi sono infatti nelle canalette artificiali sistemi naturali di fitodepurazione in grado di crescere e di attivarsi (canneto, alghe, ecc…).
Certo, l’acqua può viaggiare più velocemente, senza dispersioni, ma la sua qualità se compromessa all’origine tale resterà sino alla destinazione finale.
Viceversa se l’acqua è in grado di scorrere in fossati, magari non eccessivamente cementificati, ricchi di vegetazione, può ricevere quel processo fito-depurativo più o meno efficace, in grado di innescarsi quando le caratteristiche ambientali sono libere di esprimere le proprie caratteristiche.
Un esempio?
Basta guardare la prima foto allegata, dove si nota la “naturalità” del Canale Seriola, seppur scavato dall’uomo.
C’è certamente dispersione di acqua in questi casi rispetto il volume di partenza, se paragonato ad un sistema cementificato…ma quell’acqua alla fine non va “persa”, entra nei terreni da cui è assorbita per arrivare a dalle falde sotterranee, andando quindi ad arricchirle e potrà essere disponibile nuovamente, ma con una qualità probabilmente migliore, in quanto filtrata/depurata naturalmente.
Anche un’irrigazione a scorrimento, nonostante sia dispersiva e sembra sprecare acqua, alla fine aiuta a “rimpinguare” eventuali falde sotterranee, per poi dalle stesse essere nuovamente ripescata…ma sono discorsi molto complessi, che non voglio rischiare di “banalizzare”, motivo per cui cercherò di comprenderli più a fondo.
Come scritto all’inizio di questo articolo, guardando queste foto, ho voluto riflettere con voi sul concetto della qualità dell’acqua e come questa possa anche auto-depurarsi.
Questo è di certo un ragionamento molto basico e di massima, ma vendendo le immagini allegate, che parlano della storia dei nostri territori, mi rendo conto quanto le canalizzazioni, come quella del Canale Virgilio, che si vede in fase di ultimazione come quella striscia bianca lucente, abbiano avuto il grande pregio di portare acqua alle pianure agricole mantovane.
Infatti sulla “diga” d’inizio del Canale Virgilio, costruita in epoca fascista, vi sono i resti di una citazione tratta dalle Georgiche di Virgilio che recita: ”Arentia temperat arva camput petit amnis”, ovvero: Le acque del fiume siano un ristoro per gli aridi campi.
Allora, ovvero neli anni ’30 quando furono scattate queste foto, proprio non si poneva il problema qualitativo dell’acqua, ma solo quantitativo e su come trasportarla e canalizzarla.
Oggi potremo fare un “upgrade” considerando una nuova frase: “Le acque del fiume siano qualitativamente idonee ai non più aridi campi”.
Dobbiamo necessariamente quindi considerare entrambe le esigenze, ovvero la qualità e la quantità e ovviamente in quest’ottica immaginare nella Transizione Ecologica promossa dal MiTE, un percorso deciso verso la ri-naturalizzazione là dove possibile, là dove compromessa.
Credo possa essere ormai chiaro che il vero progresso oggi possa essere rappresentato da un ritorno, con modalità adatte ai tempi chiaramente, allo stato originario dei sistemi idrici, dai quali dipendono di conseguenza moltisssimi territori ed economie.
Ancora una volta la storia, a mio modo di vedere, sembra in grado di indicarci una strada da percorrere per il futuro.
Ponendo un minimo di attenzione alle immagini allegate si nota l’enorme estensione del Canneto lungo il fiume, si vedono i canali naturali che si intrecciavano tra gli isolotti, le “pesche” e i mulini, in queste foto si vedono appunto i “Mulini della Fame”, collocati tra Salionze e Monzambano.
Portare l’acqua attraverso canalizzazioni o fossati cementificati, come in canali intombati…è una questione che potrebbe essere riconsiderata alla luce delle esigenze di oggi?
Ci sono infatti delle questioni che mi pare possano essere degne di un’approfondita valutazione, rispetto il valore rappresentato dall’acqua.
Ecco che leggendo gli atti del convegno dal titolo “La Risorsa Idrica” del 1994 promosso dalla Comunità del Garda, considerando le premesse fatte, mi sono imbattuto in una considerazione rispetto l’efficienza dell’acqua trasportata attraverso canalette cementificate in relazione a quella che arriva dalle falde sotterranee o canali naturali.
La prima, seppur magari molto ossigenata, non ha alcuna capacità di auto-depurarsi, non vi sono infatti nelle canalette artificiali sistemi naturali di fitodepurazione in grado di crescere e di attivarsi (canneto, alghe, ecc…).
Certo, l’acqua può viaggiare più velocemente, senza dispersioni, ma la sua qualità se compromessa all’origine tale resterà sino alla destinazione finale.
Viceversa se l’acqua è in grado di scorrere in fossati, magari non eccessivamente cementificati, ricchi di vegetazione, può ricevere quel processo fito-depurativo più o meno efficace, in grado di innescarsi quando le caratteristiche ambientali sono libere di esprimere le proprie caratteristiche.
Un esempio?
Basta guardare la prima foto allegata, dove si nota la “naturalità” del Canale Seriola, seppur scavato dall’uomo.
C’è certamente dispersione di acqua in questi casi rispetto il volume di partenza, se paragonato ad un sistema cementificato…ma quell’acqua alla fine non va “persa”, entra nei terreni da cui è assorbita per arrivare a dalle falde sotterranee, andando quindi ad arricchirle e potrà essere disponibile nuovamente, ma con una qualità probabilmente migliore, in quanto filtrata/depurata naturalmente.
Anche un’irrigazione a scorrimento, nonostante sia dispersiva e sembra sprecare acqua, alla fine aiuta a “rimpinguare” eventuali falde sotterranee, per poi dalle stesse essere nuovamente ripescata…ma sono discorsi molto complessi, che non voglio rischiare di “banalizzare”, motivo per cui cercherò di comprenderli più a fondo.
Come scritto all’inizio di questo articolo, guardando queste foto, ho voluto riflettere con voi sul concetto della qualità dell’acqua e come questa possa anche auto-depurarsi.
Questo è di certo un ragionamento molto basico e di massima, ma vendendo le immagini allegate, che parlano della storia dei nostri territori, mi rendo conto quanto le canalizzazioni, come quella del Canale Virgilio, che si vede in fase di ultimazione come quella striscia bianca lucente, abbiano avuto il grande pregio di portare acqua alle pianure agricole mantovane.
Infatti sulla “diga” d’inizio del Canale Virgilio, costruita in epoca fascista, vi sono i resti di una citazione tratta dalle Georgiche di Virgilio che recita: ”Arentia temperat arva camput petit amnis”, ovvero: Le acque del fiume siano un ristoro per gli aridi campi.
Allora, ovvero neli anni ’30 quando furono scattate queste foto, proprio non si poneva il problema qualitativo dell’acqua, ma solo quantitativo e su come trasportarla e canalizzarla.
Oggi potremo fare un “upgrade” considerando una nuova frase: “Le acque del fiume siano qualitativamente idonee ai non più aridi campi”.
Dobbiamo necessariamente quindi considerare entrambe le esigenze, ovvero la qualità e la quantità e ovviamente in quest’ottica immaginare nella Transizione Ecologica promossa dal MiTE, un percorso deciso verso la ri-naturalizzazione là dove possibile, là dove compromessa.
Credo possa essere ormai chiaro che il vero progresso oggi possa essere rappresentato da un ritorno, con modalità adatte ai tempi chiaramente, allo stato originario dei sistemi idrici, dai quali dipendono di conseguenza moltisssimi territori ed economie.
Ancora una volta la storia, a mio modo di vedere, sembra in grado di indicarci una strada da percorrere per il futuro.