Sanificare carene e motori nel Lago di Garda, una “sfida” di carattere interregionale
“Sanificare” le carene dei natanti prima di entrare nel Lago di Garda?
Si, è necessario e non solo in entrata, serve farlo anche in uscita dal Garda.
Ora vi spiego perchè.
Rimuovere il “biofouling”, ovvero le incrostazioni biologiche dagli scafi dei natanti (barche) è una questione seria verso la tutela dell’habitat, della biodiversità e contenimento delle specie aliene invasive (IAS), che sono attualmente considerate uno dei più gravi problemi per gli ecosistemi e causa di gravi impatti economici e sociali. (Pimentel et al. 2002).
Infatti che sia un ambiente acquatico o terrestre, queste specie possono impattare talmente tanto l’ecosistema da modificarne anche la resa economica, per esempio agricola o ittica e conseguentemente la società che su essa si basa.
In seguito all’arrivo di una specie invasiva in una determinata regione, è necessario prevenire una sua ulteriore diffusione, al fine di proteggere le aree e le strutture maggiormente sensibili. (McGeoch et al. 2016).
Nel Lago di Garda il fenomeno delle specie aliene invasive (alloctone invasive) è conosciuto da almeno 50 anni.
Infatti, già dagli anni ’70, è stata catalogata la presenza della prima specie, la Dreissena polymorpha detta anche “cozza zebrata”, un bivalve, inserito tra le 100 specie più invasive al mondo.
Questa specie è grado di rilasciare un elevato numero di larve planctoniche nell’ambiente, riproducendosi così esponenzialmente, colonizzando praticamente ogni superficie.
Per questo nel Garda, a partire da fine anni ’70, già intasava le tubature di pescaggio dell’acqua per esempio, come le carene dei natanti e/o gambi dei motori marini, arrivando addirittura ad accrescersi nei filtri delle giranti per l’acqua di raffreddamento o negli incavi degli alloggi delle viti.
La Dreissena è però solo un esempio tra i tanti sul Garda.
La Fondazione Edmund Mach infatti ha catalogato ben 42 diverse specie aliene nel Garda (F.Ciutti e C.Cappelletti, FEM 2017), che rendono di fatto questo lago un “hotspot” a livello internazionale.
Quindi?
Quindi serve, “semplicemente”, prenderne coscienza e agire.
Come?
Seguendo le direttive internazionali esistenti per esempio.
Il “Council of Europe” ha dato indicazioni precise su come sanificare i natanti già nel 2016, durante il 36th meeting di Strasburgo, rilasciando un documento esplicativo dal titolo: “European Code of Conduct on Recreational Boating and Invasive Alien Species”.
Sono proprio le “incrostazioni biologiche” agganciate agli scafi, come le acque residue di sentina, le cime e/o ancore sporche a rappresentare il maggior veicolo di contaminazione tra bacini differenti.
Per contestualizzare la portata di questo fenomeno basti pensare che sono oltre 6.000.000 i natanti stazionati nelle acque europee, dove si trovano 27.000 km di costa in acque interne e ben 70.000 km esterne (ICOMIA, 2010).
Essendo il Lago di Garda una meta turistica di assoluto rilievo nel panorama internazionale, si comprende la portata di tale fenomeno.
Il Contratto di Lago, siglato nel 2019 a Peschiera del Garda, ha incluso proprio questa importante questione, ovvero la “sanificazione”, tra i suoi punti programmatici.
Ma non si è fermato alla sola proposta.
Per il tramite della Comunità del Garda, garante di questo Contratto, sono state già presentate proposte ben articolate con le linee guida di attuazione, già consegnate alle amministrazioni regionali del Veneto e Lombardia, oltre che alla Provincia Autonoma di Trento, che dovranno legiferare in tal senso.
La legge/norma dovrà essere interregionale, non si può certo pensare che si debbano sanificare le carene solo in Veneto e non in Lombardia e Trentino o viceversa…sarebbe totalmente inutile.
In questi casi però la strada non è mai in discesa, per due motivi: il primo è realizzare e condividere tra tre amministrazioni differenti un testo unico di legge…il secondo è proprio la comprensione del problema, senza la quale viene meno la “spinta” necessaria al completamento di un qualsiasi “iter legislativo”.
E’ certamente questo uno dei motivi per cui scrivo questi articoli e faccio divulgazione…per la CONSAPEVOLEZZA e CONOSCENZA, senza la le quali non si concluderà mai nulla di importante.
E’ evidente che il Lago di Garda ha e avrà sempre più bisogno di un coordinamento consapevole del suo stato attuale, possibilmente sotto un’unica regia, che sia supportata e guidata da conoscenze scientifiche, piacciano o meno.
Difficile?
Difficile si, impossibile assolutamente no.
In realtà già esiste ufficialmente un iter che identifica una modalità coordinamento, ovvero il “Protocollo Interregionale di Intesa”, deliberato nel 1984 in Veneto, nel 1985 in Lombardia e 1986 a Trento, formulato appunto per promuovere linee di intervento comuni in favore di un territorio, il Garda, omogeneo territorialmente ma disomogeneo in merito alle amministrazioni che lo governano.
Questo protocollo interregionale rimarca fortemente il ruolo della Comunità del Garda come, cito testualmente: “costante punto di riferimento per lo studio dei problemi e quale centro unitario di consulenza e proposta”.
In attuazione di questo “Protocollo Interregionale di Intesa” viene istituita ad Arco (TN) l’Autorità Interregionale per il Garda, il 26 marzo 1988, per volontà diretta dei Presidenti delle Regioni e della Provincia Autonoma.
Da questo punto evolve successivamente l’Accordo Quadro Interregionale, approvato con DGR n°2091 del 17/10/2012, che indica di fatto i punti programmatici sviluppati in modo esaustivo nel Contratto di Lago nel 2019, ottenendo l’adesione dei sindaci gardesani e di moltissime categorie e associazioni, che di fatto rappresentano insieme un intero territorio, quello gardesano.
Il Contratto di Lago quindi interpreta e assolve perfettamente le esigenze di sintesi e coordinamento espresse e deliberate da Veneto, Lombardia e Trenitino nel Protocollo Interregionale di Intesa, DGR 1350/INF del 17/08/1984, quindi la “macchina” c’è e va solo fatta correre con un buon pilota.
Per il futuro?
Serve la forza della costanza, lungimiranza e della consapevolezza, in quanto gli strumenti “legislativi” ci sono, anche se non ben “oleati”…ma ciò che conta di più, a mio modo di vedere, resta il Contratto di Lago, oggi vero punto di riferimento che ha avuto la forza di tracciare con decisione, in modo snello e pragmatico, una scaletta di priorità e un solco da seguire per il futuro del bacino benacense.
La mia speranza è quindi che la norma sulla “Sanificazione Carene e Motori”, uno dei punti inseriti nel Contratto di Lago, diventi operativa al più presto come legge interregionale…sarebbe la prima volta in Italia.
Questa norma, se approvata, farebbe certamente “scuola” a livello nazionale, collocandosi anche come fattore in grado di aumentare il valore della nostra promozione turistica.
Il motivo è presto detto…risulta evidente il valore aggiunto che il Garda potrebbe vantare promuovendosi come un Lago tutelato, attento alla sua biodiversità e alle dinamiche biologiche, preservandosi così molto meglio di come potrebbe essere senza azioni decise e lungimiranti come questa.
La lungimiranza è anche saper fare di un problema un’opportunità.
Credits foto satellitare: European Union, Copernicus Sentinel-2 imagery scattata l’11 aprile 2022.
Si, è necessario e non solo in entrata, serve farlo anche in uscita dal Garda.
Ora vi spiego perchè.
Rimuovere il “biofouling”, ovvero le incrostazioni biologiche dagli scafi dei natanti (barche) è una questione seria verso la tutela dell’habitat, della biodiversità e contenimento delle specie aliene invasive (IAS), che sono attualmente considerate uno dei più gravi problemi per gli ecosistemi e causa di gravi impatti economici e sociali. (Pimentel et al. 2002).
Infatti che sia un ambiente acquatico o terrestre, queste specie possono impattare talmente tanto l’ecosistema da modificarne anche la resa economica, per esempio agricola o ittica e conseguentemente la società che su essa si basa.
In seguito all’arrivo di una specie invasiva in una determinata regione, è necessario prevenire una sua ulteriore diffusione, al fine di proteggere le aree e le strutture maggiormente sensibili. (McGeoch et al. 2016).
Nel Lago di Garda il fenomeno delle specie aliene invasive (alloctone invasive) è conosciuto da almeno 50 anni.
Infatti, già dagli anni ’70, è stata catalogata la presenza della prima specie, la Dreissena polymorpha detta anche “cozza zebrata”, un bivalve, inserito tra le 100 specie più invasive al mondo.
Questa specie è grado di rilasciare un elevato numero di larve planctoniche nell’ambiente, riproducendosi così esponenzialmente, colonizzando praticamente ogni superficie.
Per questo nel Garda, a partire da fine anni ’70, già intasava le tubature di pescaggio dell’acqua per esempio, come le carene dei natanti e/o gambi dei motori marini, arrivando addirittura ad accrescersi nei filtri delle giranti per l’acqua di raffreddamento o negli incavi degli alloggi delle viti.
La Dreissena è però solo un esempio tra i tanti sul Garda.
La Fondazione Edmund Mach infatti ha catalogato ben 42 diverse specie aliene nel Garda (F.Ciutti e C.Cappelletti, FEM 2017), che rendono di fatto questo lago un “hotspot” a livello internazionale.
Quindi?
Quindi serve, “semplicemente”, prenderne coscienza e agire.
Come?
Seguendo le direttive internazionali esistenti per esempio.
Il “Council of Europe” ha dato indicazioni precise su come sanificare i natanti già nel 2016, durante il 36th meeting di Strasburgo, rilasciando un documento esplicativo dal titolo: “European Code of Conduct on Recreational Boating and Invasive Alien Species”.
Sono proprio le “incrostazioni biologiche” agganciate agli scafi, come le acque residue di sentina, le cime e/o ancore sporche a rappresentare il maggior veicolo di contaminazione tra bacini differenti.
Per contestualizzare la portata di questo fenomeno basti pensare che sono oltre 6.000.000 i natanti stazionati nelle acque europee, dove si trovano 27.000 km di costa in acque interne e ben 70.000 km esterne (ICOMIA, 2010).
Essendo il Lago di Garda una meta turistica di assoluto rilievo nel panorama internazionale, si comprende la portata di tale fenomeno.
Il Contratto di Lago, siglato nel 2019 a Peschiera del Garda, ha incluso proprio questa importante questione, ovvero la “sanificazione”, tra i suoi punti programmatici.
Ma non si è fermato alla sola proposta.
Per il tramite della Comunità del Garda, garante di questo Contratto, sono state già presentate proposte ben articolate con le linee guida di attuazione, già consegnate alle amministrazioni regionali del Veneto e Lombardia, oltre che alla Provincia Autonoma di Trento, che dovranno legiferare in tal senso.
La legge/norma dovrà essere interregionale, non si può certo pensare che si debbano sanificare le carene solo in Veneto e non in Lombardia e Trentino o viceversa…sarebbe totalmente inutile.
In questi casi però la strada non è mai in discesa, per due motivi: il primo è realizzare e condividere tra tre amministrazioni differenti un testo unico di legge…il secondo è proprio la comprensione del problema, senza la quale viene meno la “spinta” necessaria al completamento di un qualsiasi “iter legislativo”.
E’ certamente questo uno dei motivi per cui scrivo questi articoli e faccio divulgazione…per la CONSAPEVOLEZZA e CONOSCENZA, senza la le quali non si concluderà mai nulla di importante.
E’ evidente che il Lago di Garda ha e avrà sempre più bisogno di un coordinamento consapevole del suo stato attuale, possibilmente sotto un’unica regia, che sia supportata e guidata da conoscenze scientifiche, piacciano o meno.
Difficile?
Difficile si, impossibile assolutamente no.
In realtà già esiste ufficialmente un iter che identifica una modalità coordinamento, ovvero il “Protocollo Interregionale di Intesa”, deliberato nel 1984 in Veneto, nel 1985 in Lombardia e 1986 a Trento, formulato appunto per promuovere linee di intervento comuni in favore di un territorio, il Garda, omogeneo territorialmente ma disomogeneo in merito alle amministrazioni che lo governano.
Questo protocollo interregionale rimarca fortemente il ruolo della Comunità del Garda come, cito testualmente: “costante punto di riferimento per lo studio dei problemi e quale centro unitario di consulenza e proposta”.
In attuazione di questo “Protocollo Interregionale di Intesa” viene istituita ad Arco (TN) l’Autorità Interregionale per il Garda, il 26 marzo 1988, per volontà diretta dei Presidenti delle Regioni e della Provincia Autonoma.
Da questo punto evolve successivamente l’Accordo Quadro Interregionale, approvato con DGR n°2091 del 17/10/2012, che indica di fatto i punti programmatici sviluppati in modo esaustivo nel Contratto di Lago nel 2019, ottenendo l’adesione dei sindaci gardesani e di moltissime categorie e associazioni, che di fatto rappresentano insieme un intero territorio, quello gardesano.
Il Contratto di Lago quindi interpreta e assolve perfettamente le esigenze di sintesi e coordinamento espresse e deliberate da Veneto, Lombardia e Trenitino nel Protocollo Interregionale di Intesa, DGR 1350/INF del 17/08/1984, quindi la “macchina” c’è e va solo fatta correre con un buon pilota.
Per il futuro?
Serve la forza della costanza, lungimiranza e della consapevolezza, in quanto gli strumenti “legislativi” ci sono, anche se non ben “oleati”…ma ciò che conta di più, a mio modo di vedere, resta il Contratto di Lago, oggi vero punto di riferimento che ha avuto la forza di tracciare con decisione, in modo snello e pragmatico, una scaletta di priorità e un solco da seguire per il futuro del bacino benacense.
La mia speranza è quindi che la norma sulla “Sanificazione Carene e Motori”, uno dei punti inseriti nel Contratto di Lago, diventi operativa al più presto come legge interregionale…sarebbe la prima volta in Italia.
Questa norma, se approvata, farebbe certamente “scuola” a livello nazionale, collocandosi anche come fattore in grado di aumentare il valore della nostra promozione turistica.
Il motivo è presto detto…risulta evidente il valore aggiunto che il Garda potrebbe vantare promuovendosi come un Lago tutelato, attento alla sua biodiversità e alle dinamiche biologiche, preservandosi così molto meglio di come potrebbe essere senza azioni decise e lungimiranti come questa.
La lungimiranza è anche saper fare di un problema un’opportunità.
Credits foto satellitare: European Union, Copernicus Sentinel-2 imagery scattata l’11 aprile 2022.