Uno sguardo oltre la crisi idrica 2022
“Ci si accorge dell’acqua solo quando essa viene a mancare”…questo è ciò che diceva Lord Byron.
Con questa citazione Pier Francesco Ghetti, dell’Università di Venezia – dip. Scienze Ambientali, aprì il suo intervento nel 1994 a Brescia, all’interno del Convegno organizzato dalla Comunità del Garda e dagli enti territoriali competenti dal titolo: “La Risorsa Idrica”.
Vista la situazione di grande siccità che stiamo oggi vivendo mi sono recentemente riletto gli atti di quel convegno, per rinfrescarmi la memoria sui problemi e le criticità che venivano riscontrate e dibattute quasi 30 anni fa.
Oggi discutiamo ancora bene o male delle stesse cose.
Durante gli inizi degli anni ’90 si iniziava a valutare il concetto di “risorsa” idrica, quando solo pochi anni prima l’acqua non era considerata certo un problema, a dir la verità non era considerata affatto sotto molti aspetti.
E’ infatti a fine degli anni ’60 ed inizio anni ’70 che la Comunità del Garda solleva il problema della qualità dell’acqua del Garda che, monitorata a controllata per la prima volta, dimostrava una tendenza verso una compromissione qualitativa (aumento dei sali nutritivi).
Servì quella consapevolezza e quelle evidenze scientifiche, che colsero allora molte persone alla sprovvista, per porre le basi per la costruzione del depuratore di Peschiera del Garda e collettore circumlacuale/sublacuale…salvando il Lago di Garda da un destino che invece travolse altri laghi italiani.
Oggi siamo alle prese comunque ancora con il problema acqua, più per la sua quantità che per la sua qualità che, restando comunque buona e la migliore a livello nazionale per i grandi laghi italiani, non può comunque certo ritenersi esente da un continuo, seppur lento, declino.
Siamo oggi dunque in piena crisi idrica e non se ne intravede una fine per ora.
La gestione delle acque è davvero un argomento complesso…complesso perché sono tanti gli usi plurimi che deve garantire rispetto i quali tutti “giustamente” rivendicano diritti, in aggiunta al fatto che ogni uso porta con sè esigenze particolari…spesso in contrasto tra loro.
Senza scrivere di “massimi sistemi” basta intanto valutare obiettivamente cosa stà succedendo nei nostri territori.
Il Fiume Po stà attraversando la più grande crisi idrica degli ultimi 70 anni, la sua portata in metri cubi è passata da una media (in regimi normali) di 1500mc/sec a poco più di 300mc/sec.
Il “cuneo salino” risale dal mare lungo il fiume e pare sia arrivato già a 20 km all’interno, rischiando la compromissione dei raccolti e delle falde acquifere.
Inoltre il disgelo del manto nevoso alpino utile è terminato.
E’ davvero una situazione limite che stà mettendo a dura prova l’habitat e gli agricoltori…ma tra poco toccherà anche noi gardesani, in quanto faremo i conti molto presto con livelli idrici in veloce calo.
Ma a quanti usi è sopposta l’acqua del Garda?
Tanti…assicura infatti un uso idropotabile, idroelettrico, agricolo, turistico e chiaramente ambientale, ma adesso pare si sia aggiunto un altro uso…quello “emergenziale”.
Ovvero il deflusso residuo che scarica nel Fiume Po, dopo aver asservito gli usi scritti sopra, pare non essere più sufficiente vista la grande siccità e ne viene richiesto un aumento per “ristorare” il Grande Fiume.
Sono azioni dettate dalla crisi, dall’emergenza, dalla paura e dalla politica…da ogni qualsivoglia cosa e non sono situazioni da sottovalutare.
Il principio di sussidiarietà dal Garda al Po è sempre garantito, è evidente infatti che l’acqua gardesana transita sempre e comunque dal Mincio naturale e canali irrigui al Po fino al mare.
E’ quindi in questi frangenti che ci si rende conto quanto ancora manchi un piano concreto per il risparmio idrico, per un uso proporzionato alla reale disponibilità dell’acqua in ambito agricolo e un altrettanto piano per il risanamento delle acque.
Ma proviamo a guardare oltre questa crisi idrica, che stà occupando le pagine di tutti i giornali e fare un ragionamento lungimirante per tutti.
Poniamo l’attenzione quindi sulla qualità delle acque e non sulla quantità.
Il Prof. Ghetti, su questo argomento, espresse un concetto importante durante il convegno di Brescia del 1994, ovvero che più che risanamento delle acque, sarebbe opportuno puntare sul risanamento degli ambienti acquatici, che sono i principali depuratori naturali dei corpi idrici.
Il vero asset strategico per il futuro è questo: recuperare gli ambienti acquatici naturali.
Non è forse questa l’essenza del Contratto di Lago?
Ecco che se non si comincia a pensare, sfruttando intelligentemente il PNRR, al ruolo strategico nel ri-naturalizzare quanto più possibile gli ambienti acquatici, canali e fiumi…allora queste crisi idriche causate dai cambiamenti climatici, saranno in futuro doppiamente deleterie per noi.
Si arriverà certamente, stando così le cose, ad un punto in cui il Lago di Garda resterà uno dei pochi bacini idrici ad essere in grado di accumulare risorsa anche in tempi di magra, come ampiamente dimostrato in questi ultimi anni, con riserve qualitativamente idonee anche all’utilizzo idropotabile…generando scenari certamente complessi anche solo da immaginare.
Questa crisi idrica, che ancora probabilmente non ha espresso il peggio di sè, certamente finirà prima o dopo, quindi ciò che conta è imparare l’unica lezione possibile da questo evento…ovvero prepararsi ad un nuovo approccio all’uso dell’acqua verso una sua conservazione quantitativa e qualitativa.
Foto dalla Stazione Orbitale scattata da Samantha Cristoforetti il 12 giugno 2022 – credits: Astrosamantha (twitter)
Con questa citazione Pier Francesco Ghetti, dell’Università di Venezia – dip. Scienze Ambientali, aprì il suo intervento nel 1994 a Brescia, all’interno del Convegno organizzato dalla Comunità del Garda e dagli enti territoriali competenti dal titolo: “La Risorsa Idrica”.
Vista la situazione di grande siccità che stiamo oggi vivendo mi sono recentemente riletto gli atti di quel convegno, per rinfrescarmi la memoria sui problemi e le criticità che venivano riscontrate e dibattute quasi 30 anni fa.
Oggi discutiamo ancora bene o male delle stesse cose.
Durante gli inizi degli anni ’90 si iniziava a valutare il concetto di “risorsa” idrica, quando solo pochi anni prima l’acqua non era considerata certo un problema, a dir la verità non era considerata affatto sotto molti aspetti.
E’ infatti a fine degli anni ’60 ed inizio anni ’70 che la Comunità del Garda solleva il problema della qualità dell’acqua del Garda che, monitorata a controllata per la prima volta, dimostrava una tendenza verso una compromissione qualitativa (aumento dei sali nutritivi).
Servì quella consapevolezza e quelle evidenze scientifiche, che colsero allora molte persone alla sprovvista, per porre le basi per la costruzione del depuratore di Peschiera del Garda e collettore circumlacuale/sublacuale…salvando il Lago di Garda da un destino che invece travolse altri laghi italiani.
Oggi siamo alle prese comunque ancora con il problema acqua, più per la sua quantità che per la sua qualità che, restando comunque buona e la migliore a livello nazionale per i grandi laghi italiani, non può comunque certo ritenersi esente da un continuo, seppur lento, declino.
Siamo oggi dunque in piena crisi idrica e non se ne intravede una fine per ora.
La gestione delle acque è davvero un argomento complesso…complesso perché sono tanti gli usi plurimi che deve garantire rispetto i quali tutti “giustamente” rivendicano diritti, in aggiunta al fatto che ogni uso porta con sè esigenze particolari…spesso in contrasto tra loro.
Senza scrivere di “massimi sistemi” basta intanto valutare obiettivamente cosa stà succedendo nei nostri territori.
Il Fiume Po stà attraversando la più grande crisi idrica degli ultimi 70 anni, la sua portata in metri cubi è passata da una media (in regimi normali) di 1500mc/sec a poco più di 300mc/sec.
Il “cuneo salino” risale dal mare lungo il fiume e pare sia arrivato già a 20 km all’interno, rischiando la compromissione dei raccolti e delle falde acquifere.
Inoltre il disgelo del manto nevoso alpino utile è terminato.
E’ davvero una situazione limite che stà mettendo a dura prova l’habitat e gli agricoltori…ma tra poco toccherà anche noi gardesani, in quanto faremo i conti molto presto con livelli idrici in veloce calo.
Ma a quanti usi è sopposta l’acqua del Garda?
Tanti…assicura infatti un uso idropotabile, idroelettrico, agricolo, turistico e chiaramente ambientale, ma adesso pare si sia aggiunto un altro uso…quello “emergenziale”.
Ovvero il deflusso residuo che scarica nel Fiume Po, dopo aver asservito gli usi scritti sopra, pare non essere più sufficiente vista la grande siccità e ne viene richiesto un aumento per “ristorare” il Grande Fiume.
Sono azioni dettate dalla crisi, dall’emergenza, dalla paura e dalla politica…da ogni qualsivoglia cosa e non sono situazioni da sottovalutare.
Il principio di sussidiarietà dal Garda al Po è sempre garantito, è evidente infatti che l’acqua gardesana transita sempre e comunque dal Mincio naturale e canali irrigui al Po fino al mare.
E’ quindi in questi frangenti che ci si rende conto quanto ancora manchi un piano concreto per il risparmio idrico, per un uso proporzionato alla reale disponibilità dell’acqua in ambito agricolo e un altrettanto piano per il risanamento delle acque.
Ma proviamo a guardare oltre questa crisi idrica, che stà occupando le pagine di tutti i giornali e fare un ragionamento lungimirante per tutti.
Poniamo l’attenzione quindi sulla qualità delle acque e non sulla quantità.
Il Prof. Ghetti, su questo argomento, espresse un concetto importante durante il convegno di Brescia del 1994, ovvero che più che risanamento delle acque, sarebbe opportuno puntare sul risanamento degli ambienti acquatici, che sono i principali depuratori naturali dei corpi idrici.
Il vero asset strategico per il futuro è questo: recuperare gli ambienti acquatici naturali.
Non è forse questa l’essenza del Contratto di Lago?
Ecco che se non si comincia a pensare, sfruttando intelligentemente il PNRR, al ruolo strategico nel ri-naturalizzare quanto più possibile gli ambienti acquatici, canali e fiumi…allora queste crisi idriche causate dai cambiamenti climatici, saranno in futuro doppiamente deleterie per noi.
Si arriverà certamente, stando così le cose, ad un punto in cui il Lago di Garda resterà uno dei pochi bacini idrici ad essere in grado di accumulare risorsa anche in tempi di magra, come ampiamente dimostrato in questi ultimi anni, con riserve qualitativamente idonee anche all’utilizzo idropotabile…generando scenari certamente complessi anche solo da immaginare.
Questa crisi idrica, che ancora probabilmente non ha espresso il peggio di sè, certamente finirà prima o dopo, quindi ciò che conta è imparare l’unica lezione possibile da questo evento…ovvero prepararsi ad un nuovo approccio all’uso dell’acqua verso una sua conservazione quantitativa e qualitativa.
Foto dalla Stazione Orbitale scattata da Samantha Cristoforetti il 12 giugno 2022 – credits: Astrosamantha (twitter)