Una scena da film dei pirati
Che il Lago di Garda e Peschiera del Garda in particolare fossero negli anni ’60 un set cinematografico per i film dei pirati è cosa risaputa…Fabio Testi cominciò proprio qui la sua carriera.
Era l’epopea della Bertolazzi Film che trasformò Peschiera, tra il 1958 e il 1966 (anno della tempesta che distrusse i Galeoni ormeggiati nel canale mercantile), in una Cinecittà sull’acqua o come venne descritta una “Hollywood sul Garda”.
Ma scene tipo “film dei pirati” il Garda le aveva già conosciute ben prima della Bertolazzi Film.
Era infatti l’alba del 26 aprile del 1677…una flotta di 16 imbarcazioni veronesi, composte da pescatori di Sirmione, Torri e Garda, mettono i remi in acqua e si dirigono minacciose verso il porto di Dusano, sulla costa bresciana del Garda.
Arrivano in segreto, sbarcando insieme nel porto e a colpi di archibugio (il fucile di allora), terrorizzarono la popolazione con l’intento di tenerla bloccata nelle rispettive case, con l’intento di forzare l’entrata di un fondaco (magazzino) irrompendo al suo interno per rubare un oggetto particolare, allora al centro di grandi contese e recriminazioni.
Portato a termine il furto presero velocemente il largo con le barche.
Ma cos’era l’oggetto del contendere?
Una rete da pesca.
Si una rete…che per quanto oggi ci possa sembrare assurdo, allora aveva una valenza talmente importante da “giustificare” azioni da film…da film dei pirati appunto.
Questa però non era una “semplice” rete, ma un “remàt”.
Il remàt, simile alla già conosciuta “petorgna”, era una rete di cotone e lino a forma di catino e aveva due caratteristiche che la fecero diventare oggetto di contesa: la prima è che aveva dimensioni enormi, ovvero anche 400mt di lunghezza, 35mt in altezza, con maglie del 16 o 18, portata sul Garda dal vicino Lago di Iseo da dove fu bandita per il motivo che rappresenta la seconda caratteristica del contendere…la pescosità.
Infatti questa rete era talvolta talmente catturante, che i pescatori veronesi pensavano avrebbe potuto prosciugare il Lago di Garda da tutti i suoi pesci se i bresciani, invece molto entusiasti di averla, avessero continuato ad utilizzarla.
Ecco spiegato il motivo dell’assalto e del furto di questa rete nel porto di Dusano.
Il remàt rubato fu subito portato a Verona dove venne giudicato fuori legge e bruciato il 12 maggio dello stesso anno.
Curiosamente poi la storia rivela destini apposti da quelli che ci si potrebbe immaginare.
Ecco che nel 1897 i remàt sul Garda erano già in numero di 26 unità di cui, ironia della sorte, proprio 11 in uso a Garda, 2 a Torri e 2 a Sirmione…restando in uso sul Garda fino ad oltre la metà del ‘900.
Questa è solo una delle centinaia di storie legate alla pesca e alla sopravvivenza dei gardesani, che, non dimentichiamolo mai, con il pesce ci campavano letteralmente.
Erano comunque storie dettate dalla miseria e dalla fame che ha caratterizzato questi territori fino agli inizi del XX secolo.
Oggi mi piace “tenere in vita” queste memorie perché fanno parte della nostra storia e come ho scritto anche nel post precedente, la storia di un territorio ne rappresenta anche l’identità e quest’ultima è un valore che non può e non deve andare perduto.
Consiglio, per chi fosse interessato, il libro “I Pescatori del Garda” di Giorgio Vedovelli e Pietro Basso.
Era l’epopea della Bertolazzi Film che trasformò Peschiera, tra il 1958 e il 1966 (anno della tempesta che distrusse i Galeoni ormeggiati nel canale mercantile), in una Cinecittà sull’acqua o come venne descritta una “Hollywood sul Garda”.
Ma scene tipo “film dei pirati” il Garda le aveva già conosciute ben prima della Bertolazzi Film.
Era infatti l’alba del 26 aprile del 1677…una flotta di 16 imbarcazioni veronesi, composte da pescatori di Sirmione, Torri e Garda, mettono i remi in acqua e si dirigono minacciose verso il porto di Dusano, sulla costa bresciana del Garda.
Arrivano in segreto, sbarcando insieme nel porto e a colpi di archibugio (il fucile di allora), terrorizzarono la popolazione con l’intento di tenerla bloccata nelle rispettive case, con l’intento di forzare l’entrata di un fondaco (magazzino) irrompendo al suo interno per rubare un oggetto particolare, allora al centro di grandi contese e recriminazioni.
Portato a termine il furto presero velocemente il largo con le barche.
Ma cos’era l’oggetto del contendere?
Una rete da pesca.
Si una rete…che per quanto oggi ci possa sembrare assurdo, allora aveva una valenza talmente importante da “giustificare” azioni da film…da film dei pirati appunto.
Questa però non era una “semplice” rete, ma un “remàt”.
Il remàt, simile alla già conosciuta “petorgna”, era una rete di cotone e lino a forma di catino e aveva due caratteristiche che la fecero diventare oggetto di contesa: la prima è che aveva dimensioni enormi, ovvero anche 400mt di lunghezza, 35mt in altezza, con maglie del 16 o 18, portata sul Garda dal vicino Lago di Iseo da dove fu bandita per il motivo che rappresenta la seconda caratteristica del contendere…la pescosità.
Infatti questa rete era talvolta talmente catturante, che i pescatori veronesi pensavano avrebbe potuto prosciugare il Lago di Garda da tutti i suoi pesci se i bresciani, invece molto entusiasti di averla, avessero continuato ad utilizzarla.
Ecco spiegato il motivo dell’assalto e del furto di questa rete nel porto di Dusano.
Il remàt rubato fu subito portato a Verona dove venne giudicato fuori legge e bruciato il 12 maggio dello stesso anno.
Curiosamente poi la storia rivela destini apposti da quelli che ci si potrebbe immaginare.
Ecco che nel 1897 i remàt sul Garda erano già in numero di 26 unità di cui, ironia della sorte, proprio 11 in uso a Garda, 2 a Torri e 2 a Sirmione…restando in uso sul Garda fino ad oltre la metà del ‘900.
Questa è solo una delle centinaia di storie legate alla pesca e alla sopravvivenza dei gardesani, che, non dimentichiamolo mai, con il pesce ci campavano letteralmente.
Erano comunque storie dettate dalla miseria e dalla fame che ha caratterizzato questi territori fino agli inizi del XX secolo.
Oggi mi piace “tenere in vita” queste memorie perché fanno parte della nostra storia e come ho scritto anche nel post precedente, la storia di un territorio ne rappresenta anche l’identità e quest’ultima è un valore che non può e non deve andare perduto.
Consiglio, per chi fosse interessato, il libro “I Pescatori del Garda” di Giorgio Vedovelli e Pietro Basso.