La Galleria Adige-Garda e il sistema idraulico Mincio-Fissero-Tartaro-Canalbianco-Po di Levante…una grande opera italiana
Oggi, con questo articolo, mi voglio soffermare non tanto sulle caratteristiche tecniche della Galleria Adige Garda, in merito alla quale ho pubblicato varie volte articoli su questo sito, quanto sulla valenza e conoscenza di un intero sistema idraulico, di cui questa Galleria è parte e sul concetto alla base delle grandi opere.
Scrivo per fornire il mio, seppur modesto, contributo alla comprensione generale della funzione della Galleria (scolmatore), che fu costruita con uno scopo ben preciso, ovvero salvare dalle alluvioni Verona, parte della pianura veneta e il Polesine che, verso la fine dell’800 soprattutto, subirono ingenti danni dovuti alle esondazioni.
Come mai, proprio a fine ‘800, ma anche nei primi del ‘900, vi furono eventi estremi di piena dell’Adige?
Perchè le opere di rettificazione/sistemazione dell’Adige, eseguite durante il periodo della dominazione asburgica, con lo scopo di migliorare lo scorrimento idrico e guadagnare terreni da coltivare, ebbero, come rovescio della medaglia, l’aumento della pendenza del fiume, causata dalla rettificazione delle “anse”, di fatto gli unici “freni” in grado di rallentare la velocità delle acque.
Ecco spiegato, seppure in modo molto semplicistico, il motivo delle devastanti esondazioni dell’Adige a Verona di fine ‘800, soprattutto quella del 1882.
In quell’anno, era settembre, Verona vide le acque dell’Adige ricoprire 2/3 della città, spazzando via case, ponti e persone.
Dopo le successive imponenti piene dei fiumi veneti del 1926 e 1928, il presidente del Magistrato alle Acque di Venezia, Luigi Miliani, considerato tutto, decise di realizzare un imponente piano idraulico a salvaguardia e regimentazione di questi fenomeni.
Questo piano, attuato a partire dal 1930, prevedeva, come inizio, di deviare parte del Fiume Adige nel Garda, scaricandone al suo interno i picchi di piena eccedenti i 1300 mc/s.
Ecco spiegato il motivo alla base della costruzione della Galleria Adige Garda.
La decisione fu quindi maturata non certo a “cuor leggero”, ma dopo anni di ingenti danni subiti, dopo molti morti causati dalle inondazioni e le conseguenti grandi difficoltà di ricostruzione.
L’idea della Galleria fu quasi certamente ispirata dal Coronelli, un cartografo della Serenissima Repubblica di Venezia, che la ipotizzò già nel ‘700.
Il destino poi volle che proprio il Magistrato alle Acque di Venezia, ente nato nel 1501 per volere appunto della Serenissima Repubblica, come detto, diede il via ai lavori.
Ma il piano idraulico in questione era molto più ampio e articolato della sola Galleria, che ne rappresentava il principio.
Infatti si costruì insieme anche l’Edificio Regolatore del Garda (Diga di Salionze), per regimentare e gestire necessariamente il Lago di Garda, che passava così da bacino a regolazione naturale ad artificiale, a scopo irriguo e di laminazione.
Un bacino di laminazione è appunto una vasca che funge da deposito di acque, evitando il sovraccarico in un sistema idrico, una sorta quindi di ammortizzatore idraulico.
Il Garda era infatti perfetto per assorbire le piene dell’Adige, per ammortizzarle, in quanto in grado di “ricevere” veloci aumenti di volume idrico, data la sua grande superficie.
Ma l’acqua non si ferma, deve fare il suo corso e non bastava quindi solo scaricare una piena in un altro bacino, il Garda in questo caso.
Non era abbastanza e i progettisti lo sapevano certamente.
Si rendeva quindi necessario dotare il Lago della possibilità di scaricare a sua volta, in sicurezza, queste ondate di piena, per evitare di togliere un problema da una parte (Adige) per spostarlo in un altra (Garda).
Quindi, per consentire questo deflusso, si intervenne sul Fiume Mincio, unico emissario gardesano, triplicandone la portata.
Il Mincio, come detto, doveva ovviamente essere in grado di scaricare le piene del Garda, a cui si aggiungevano quelle potenzialmente assorbite dall’Adige, per il tramite dalla Galleria, senza per questo mettere in pericolo la città di Mantova e i territori del Mincio.
Per fare questo il Mincio dovette essere “canalizzato” fino a Pozzolo, con lavori in grado di consentire un aumento del suo deflusso idrico, in caso di piena del Garda, fino a 200 mc/s, quando il suo naturale deflusso era stimato in 70 mc/s.
Questo volume aumentato però, “innaturale”, non poteva scaricarsi nei tre laghi di Mantova, in quanto li avrebbe fatti certamente esondare.
A Pozzolo fu costruito quindi un ulteriore manufatto idraulico, il partitore e uno scaricatore, a monte della città di Mantova, una deviazione del Fiume Mincio in poche parole, quindi un ramo aggiuntivo.
In questo modo i possibili 200 mc/s sarebbero potuti essere ripartiti e così divisi: 70 mc/s del deflusso naturale sarebbero passati ancora nel Mincio per arrivare a Mantova e da lì al Po, mentre i 130mc/s aggiuntivi, sarebbero stati deviati nello scaricatore (il ramo aggiuntivo), una sorta quindi di bypass di sicurezza per la città di Mantova.
In aggiunta, per far defluire in sicurezza queste acque e contemporaneamente sanare e rendere indipendente il regime dei tre laghi di Mantova venne creato, tra Goito e Formigosa, un canale diversivo.
La realizzazione di questa grande opera idraulica è ben più articolata e non finisce qui, comprendendo interventi di deflusso idrico fino al Po di Levante.
Infatti venne costruito anche un canale raccoglitore delle acque basse che, dai laghi di Mantova, seguendo il Fissero e il Tartaro, era in grado di convogliare una portata idrica nel Canalbianco fino al Po di Levante.
Infine il sistema idrico tra Tartaro-Canalbianco-Po di levante venne sistemato per accogliere le acque derivanti dalle bonifiche delle Grandi Valli veronesi e ostigliesi, realizzando sbarramenti per permettere l’approvvigionamento dell’acqua a scopo irriguo per Mantova, Verona e Rovigo.
Tutto questo, capite bene, colloca la Galleria Adige Garda in un contesto ben più ampio di quello che si potrebbe pensare, le consegna insomma un altro valore.
La “visione” della Galleria non era quindi fine a se stessa…ma ha portato alla realizzazione di una delle più grandi opere idrauliche del secolo scorso, conosciuta come “sistemazione idraulica Adige-Garda-Mincio-Fissero-Tartaro-Canalbianco-Po di Levante”.
Il tutto è parte quindi di un sistema idraulico interconnesso e complesso per la mitigazione del rischio idrogeologico, di cui ancora oggi godono ampi territori veneti e lombardi, senza magari neanche rendersene conto.
Riporto ora un “semplice” dato, che credo possa essere degno di nota, al fine di far capire come questa grande opera, sia stata in grado di migliorare e salvare vite.
Nel 1969, il “Collegio degli Ingegeri Idraulici e Architetti di Verona”, nella persona di Giuseppe Zanella dimostrò, dallo studio tecnici delle piene precedenti, come senza questo sistema idraulico di difesa (Galleria), l’Adige avrebbe sorpassato e di molto i suoi argini in vari punti, sia nel 1965 che nel 1966.
Infatti le piene degli anni ’60 furono caratterizzate da maggiori volumi idrici rispetto quelle di fine ‘800.
Questo avrebbe certamente causato l’inondazione di Verona, che avrebbe condiviso la sorte toccata a Firenze, purtroppo, in quel 4 novembre del ’66.
Un dato su tutti: la quantità di acqua dell’Adige scolmata nel Garda nel 1966, dopo ben due aperture della Galleria (luglio e novembre), fu pari a 1/766 del volume complessivo del Lago. Una quantità enorme.
Una quantità potenzialmente distruttiva per tutto il bacino dell’Adige, riportato nella cartina in prima pagina, che però non si riversò mai, grazie alla Galleria, a valle di Mori, prendendo la via del: Garda-Mincio-Fissero-Tartaro-Canalbianco-Po di levante, preparata apposta per dissiparne e gestirne la forza.
Come in un film a e lieto fine, nel 1965 e 1966, le piene furono scaricate e gestite, le città salvate e con loro le genti, le abitazioni, i territori e le infrastrutture.
Quante vite sono state salvate?
Quanti danni sono stati evitati?
Queste sono le vere domande che dovremo porci quando questo sistema entra in funzione.
Questo è quello che i giornalisti dovrebbero pubblicare durante gli eventi eccezionali che ne causano l’apertura.
Un minimo di questa storia andrebbe spiegata anche a scuola, è una questione di consapevolezza e cultura dell’acqua.
Dovremo celebrare l’eccellenza e la grande perizia dell’ingegneria e delle maestranze idrauliche italiane, piuttosto che far polemiche sterili al solo fine di “fare notizia”…o dobbiamo essere condannati ad un autolesionismo mediatico gratuito e autoinflitto?
Questo è il ragionamento che volevo porvi oggi…ovvero l’utilità di questa grande opera.
Questo è il motivo per cui la storia va studiata.
Certo ogni grande opera ha un suo impatto e il Garda ne sa certamente qualcosa, rispetto l’attivazione della Galleria e le ricadute negative sull’ittiofauna e habitat.
Ma oggi, a differenza del passato, l’attenzione all’ambiente è fortunatamente progredita ed evoluta.
Si possono valutare le grandi opere insieme a mitigazioni e rinaturalizzazioni, che possono anche, perché no, andare a sanare situazioni pregresse…e credo che il Garda, visto quanto scritto, le meriti tutte con titolo di priorità.
Il Garda lo merita, in quanto dagli anni ’60 al 2018 (tempesta Vaia), ha incassato e sventato seri rischi a beneficio d’altri, restando poi sempre e puntualmete solo a “leccarsi le ferite”.
Nel mio resoconto, che nonostante la lunghezza spero possa essere servito, non vi è alcuna polemica, anzi.
Sulle grandi opere è sempre doveroso ragionare, senza alzare a priori barriere ideologiche.
Pochi giorni fa il Mose si è alzato, proteggendo completamente la Laguna e Venezia dall’alta marea, che ISPRA ha definito tra le più grandi mai viste, la terza in ordine di grandezza dopo quelle del 1966 e 2019.
Come quantificare il valore dei danni, questa volta non subiti, da Venezia e dal suo immenso patrimonio?
Che valore può avere questo salvataggio?
E quindi la domanda mi sorge spontanea: come quantifichiamo e che valore diamo ai danni, non subiti da oltre 60 anni, lungo tutti i territori beneficiari del sistema sopra descritto?
Scrivo per fornire il mio, seppur modesto, contributo alla comprensione generale della funzione della Galleria (scolmatore), che fu costruita con uno scopo ben preciso, ovvero salvare dalle alluvioni Verona, parte della pianura veneta e il Polesine che, verso la fine dell’800 soprattutto, subirono ingenti danni dovuti alle esondazioni.
Come mai, proprio a fine ‘800, ma anche nei primi del ‘900, vi furono eventi estremi di piena dell’Adige?
Perchè le opere di rettificazione/sistemazione dell’Adige, eseguite durante il periodo della dominazione asburgica, con lo scopo di migliorare lo scorrimento idrico e guadagnare terreni da coltivare, ebbero, come rovescio della medaglia, l’aumento della pendenza del fiume, causata dalla rettificazione delle “anse”, di fatto gli unici “freni” in grado di rallentare la velocità delle acque.
Ecco spiegato, seppure in modo molto semplicistico, il motivo delle devastanti esondazioni dell’Adige a Verona di fine ‘800, soprattutto quella del 1882.
In quell’anno, era settembre, Verona vide le acque dell’Adige ricoprire 2/3 della città, spazzando via case, ponti e persone.
Dopo le successive imponenti piene dei fiumi veneti del 1926 e 1928, il presidente del Magistrato alle Acque di Venezia, Luigi Miliani, considerato tutto, decise di realizzare un imponente piano idraulico a salvaguardia e regimentazione di questi fenomeni.
Questo piano, attuato a partire dal 1930, prevedeva, come inizio, di deviare parte del Fiume Adige nel Garda, scaricandone al suo interno i picchi di piena eccedenti i 1300 mc/s.
Ecco spiegato il motivo alla base della costruzione della Galleria Adige Garda.
La decisione fu quindi maturata non certo a “cuor leggero”, ma dopo anni di ingenti danni subiti, dopo molti morti causati dalle inondazioni e le conseguenti grandi difficoltà di ricostruzione.
L’idea della Galleria fu quasi certamente ispirata dal Coronelli, un cartografo della Serenissima Repubblica di Venezia, che la ipotizzò già nel ‘700.
Il destino poi volle che proprio il Magistrato alle Acque di Venezia, ente nato nel 1501 per volere appunto della Serenissima Repubblica, come detto, diede il via ai lavori.
Ma il piano idraulico in questione era molto più ampio e articolato della sola Galleria, che ne rappresentava il principio.
Infatti si costruì insieme anche l’Edificio Regolatore del Garda (Diga di Salionze), per regimentare e gestire necessariamente il Lago di Garda, che passava così da bacino a regolazione naturale ad artificiale, a scopo irriguo e di laminazione.
Un bacino di laminazione è appunto una vasca che funge da deposito di acque, evitando il sovraccarico in un sistema idrico, una sorta quindi di ammortizzatore idraulico.
Il Garda era infatti perfetto per assorbire le piene dell’Adige, per ammortizzarle, in quanto in grado di “ricevere” veloci aumenti di volume idrico, data la sua grande superficie.
Ma l’acqua non si ferma, deve fare il suo corso e non bastava quindi solo scaricare una piena in un altro bacino, il Garda in questo caso.
Non era abbastanza e i progettisti lo sapevano certamente.
Si rendeva quindi necessario dotare il Lago della possibilità di scaricare a sua volta, in sicurezza, queste ondate di piena, per evitare di togliere un problema da una parte (Adige) per spostarlo in un altra (Garda).
Quindi, per consentire questo deflusso, si intervenne sul Fiume Mincio, unico emissario gardesano, triplicandone la portata.
Il Mincio, come detto, doveva ovviamente essere in grado di scaricare le piene del Garda, a cui si aggiungevano quelle potenzialmente assorbite dall’Adige, per il tramite dalla Galleria, senza per questo mettere in pericolo la città di Mantova e i territori del Mincio.
Per fare questo il Mincio dovette essere “canalizzato” fino a Pozzolo, con lavori in grado di consentire un aumento del suo deflusso idrico, in caso di piena del Garda, fino a 200 mc/s, quando il suo naturale deflusso era stimato in 70 mc/s.
Questo volume aumentato però, “innaturale”, non poteva scaricarsi nei tre laghi di Mantova, in quanto li avrebbe fatti certamente esondare.
A Pozzolo fu costruito quindi un ulteriore manufatto idraulico, il partitore e uno scaricatore, a monte della città di Mantova, una deviazione del Fiume Mincio in poche parole, quindi un ramo aggiuntivo.
In questo modo i possibili 200 mc/s sarebbero potuti essere ripartiti e così divisi: 70 mc/s del deflusso naturale sarebbero passati ancora nel Mincio per arrivare a Mantova e da lì al Po, mentre i 130mc/s aggiuntivi, sarebbero stati deviati nello scaricatore (il ramo aggiuntivo), una sorta quindi di bypass di sicurezza per la città di Mantova.
In aggiunta, per far defluire in sicurezza queste acque e contemporaneamente sanare e rendere indipendente il regime dei tre laghi di Mantova venne creato, tra Goito e Formigosa, un canale diversivo.
La realizzazione di questa grande opera idraulica è ben più articolata e non finisce qui, comprendendo interventi di deflusso idrico fino al Po di Levante.
Infatti venne costruito anche un canale raccoglitore delle acque basse che, dai laghi di Mantova, seguendo il Fissero e il Tartaro, era in grado di convogliare una portata idrica nel Canalbianco fino al Po di Levante.
Infine il sistema idrico tra Tartaro-Canalbianco-Po di levante venne sistemato per accogliere le acque derivanti dalle bonifiche delle Grandi Valli veronesi e ostigliesi, realizzando sbarramenti per permettere l’approvvigionamento dell’acqua a scopo irriguo per Mantova, Verona e Rovigo.
Tutto questo, capite bene, colloca la Galleria Adige Garda in un contesto ben più ampio di quello che si potrebbe pensare, le consegna insomma un altro valore.
La “visione” della Galleria non era quindi fine a se stessa…ma ha portato alla realizzazione di una delle più grandi opere idrauliche del secolo scorso, conosciuta come “sistemazione idraulica Adige-Garda-Mincio-Fissero-Tartaro-Canalbianco-Po di Levante”.
Il tutto è parte quindi di un sistema idraulico interconnesso e complesso per la mitigazione del rischio idrogeologico, di cui ancora oggi godono ampi territori veneti e lombardi, senza magari neanche rendersene conto.
Riporto ora un “semplice” dato, che credo possa essere degno di nota, al fine di far capire come questa grande opera, sia stata in grado di migliorare e salvare vite.
Nel 1969, il “Collegio degli Ingegeri Idraulici e Architetti di Verona”, nella persona di Giuseppe Zanella dimostrò, dallo studio tecnici delle piene precedenti, come senza questo sistema idraulico di difesa (Galleria), l’Adige avrebbe sorpassato e di molto i suoi argini in vari punti, sia nel 1965 che nel 1966.
Infatti le piene degli anni ’60 furono caratterizzate da maggiori volumi idrici rispetto quelle di fine ‘800.
Questo avrebbe certamente causato l’inondazione di Verona, che avrebbe condiviso la sorte toccata a Firenze, purtroppo, in quel 4 novembre del ’66.
Un dato su tutti: la quantità di acqua dell’Adige scolmata nel Garda nel 1966, dopo ben due aperture della Galleria (luglio e novembre), fu pari a 1/766 del volume complessivo del Lago. Una quantità enorme.
Una quantità potenzialmente distruttiva per tutto il bacino dell’Adige, riportato nella cartina in prima pagina, che però non si riversò mai, grazie alla Galleria, a valle di Mori, prendendo la via del: Garda-Mincio-Fissero-Tartaro-Canalbianco-Po di levante, preparata apposta per dissiparne e gestirne la forza.
Come in un film a e lieto fine, nel 1965 e 1966, le piene furono scaricate e gestite, le città salvate e con loro le genti, le abitazioni, i territori e le infrastrutture.
Quante vite sono state salvate?
Quanti danni sono stati evitati?
Queste sono le vere domande che dovremo porci quando questo sistema entra in funzione.
Questo è quello che i giornalisti dovrebbero pubblicare durante gli eventi eccezionali che ne causano l’apertura.
Un minimo di questa storia andrebbe spiegata anche a scuola, è una questione di consapevolezza e cultura dell’acqua.
Dovremo celebrare l’eccellenza e la grande perizia dell’ingegneria e delle maestranze idrauliche italiane, piuttosto che far polemiche sterili al solo fine di “fare notizia”…o dobbiamo essere condannati ad un autolesionismo mediatico gratuito e autoinflitto?
Questo è il ragionamento che volevo porvi oggi…ovvero l’utilità di questa grande opera.
Questo è il motivo per cui la storia va studiata.
Certo ogni grande opera ha un suo impatto e il Garda ne sa certamente qualcosa, rispetto l’attivazione della Galleria e le ricadute negative sull’ittiofauna e habitat.
Ma oggi, a differenza del passato, l’attenzione all’ambiente è fortunatamente progredita ed evoluta.
Si possono valutare le grandi opere insieme a mitigazioni e rinaturalizzazioni, che possono anche, perché no, andare a sanare situazioni pregresse…e credo che il Garda, visto quanto scritto, le meriti tutte con titolo di priorità.
Il Garda lo merita, in quanto dagli anni ’60 al 2018 (tempesta Vaia), ha incassato e sventato seri rischi a beneficio d’altri, restando poi sempre e puntualmete solo a “leccarsi le ferite”.
Nel mio resoconto, che nonostante la lunghezza spero possa essere servito, non vi è alcuna polemica, anzi.
Sulle grandi opere è sempre doveroso ragionare, senza alzare a priori barriere ideologiche.
Pochi giorni fa il Mose si è alzato, proteggendo completamente la Laguna e Venezia dall’alta marea, che ISPRA ha definito tra le più grandi mai viste, la terza in ordine di grandezza dopo quelle del 1966 e 2019.
Come quantificare il valore dei danni, questa volta non subiti, da Venezia e dal suo immenso patrimonio?
Che valore può avere questo salvataggio?
E quindi la domanda mi sorge spontanea: come quantifichiamo e che valore diamo ai danni, non subiti da oltre 60 anni, lungo tutti i territori beneficiari del sistema sopra descritto?