Dietro un problema c’è un’opportunità…verso il “marchio di qualità” del pescato gardesano
“Dietro un problema c’è un’opportunità”.
Cit. Galileo Galieli
L’opportunità, in questo caso, visti i problemi che stà affrontando la pesca di professione, va cercata guardando in faccia la realtà, decidendo quindi quale strada si vuole intraprendere e che futuro si vuole costruire.
Ne esistono due secondo me.
La prima è lasciare che le cose continuino così, sperando in un ripensamento spontaneo delle autorità competenti e comunità scientifica sulle specie alloctone (es. Lavarello) e rispettive normative.
Si può quindi continuare a prelevare pesce senza porsi troppe domande, soprattutto legate al futuro delle nuove generazioni di pescatori e sul destino dell’ittiofauna gardesana.
In sintesi: “si è sempre fatto così, ergo andiamo avanti così”.
Poi c’è la seconda strada, certo più faticosa e complessa, ma del resto quelle che portano a cambiamenti radicali non sono mai in discesa.
Questa possibilità prevede l’istituzione di un “marchio di qualità” per il pescato gardesano.
Dietro questo marchio vi è la visione di un disciplinare serio e lungimirante, in grado di garantire al pesce gardesano, che cresce selvatico in acque pulite (certificate tali dalle ARPA), sia dignità che il suo GIUSTO valore economico.
Mediamente un pescatore, affinchè la sua attività sia economicamente sostenibile, deve prelevare determinati volumi di pesce in relazione al valore di mercato.
Più si abbassa il valore più devono aumentare i volumi di prelievo in un certo senso.
Viene quindi logico pensare che, data la graduale diminuzione della biomassa in generale e probabilmente a breve anche del principale protagonista di questo “film”, il Lavarello, quanto prima la pesca di professione si vedrà costretta o a cambiare lavoro o ad indirizzare le attenzioni verso altri pesci, verso altri mercati.
La soluzione però c’è ed tanto “semplice” quanto però di complessa attuazione.
Se il pesce del Garda potrebbe essere in grado di fregiarsi di un marchio di qualità, vista la qualità delle acque in cui cresce, perchè non andare oltre?
Cosa significa quindi “andare oltre”?
Significa raggiungere questo “marchio di qualità”, che non deve essere ridotto ad una semplice etichetta, attraverso l’istituzione di un disciplinare che preveda:
– Una nuova procedura per la conservazione del pesce appena salpato in barca; da li deve cominciare il ciclo del freddo, per garantirne la massima eccellenza qualitativa.
– Delle quote di pesca, in rapporto alle licenze vigenti (da contingentare in Veneto) e commisurate ai risultai dello studio della biomassa (lo studio è stato già richiesto alle regioni e rappresenta la base di partenza).
– Azioni continuative di tutela ambientale come manutenzione canneto, creazioni zone di oasi, pulizia di dette zone in prossimità dei periodi di frega, lotta serrata agli abusivi e bracconieri, potenziamento degli stabilimenti ittiogenici e delle guardie.
– Un accordo, mediato dalle Camere di Commercio e le ass. di categoria, tra pescatori, grossisti e ristoratori, affinchè il pesce gardesano resti possibilmente sul territorio gardesano.
– Dal punto sopra discende la promozione turistica del “marchio di qualità” a Km/0; questo pesce ha una grande storia e va raccontata.
Questi obiettivi garantiranno un aumento del valore economico del pescato e di conseguenza un minor prelievo da parte dei pescatori che vedrebbero, con minor sforzo e prelievo, raggiunti i requisiti necessari al mentenimento della loro professione, nobilitandola.
Inoltre, a cascata, si avrebbe un aumento numerico del pesce in quanto, oltre ad essere prelevato meno, sarebbe messo in condizione di riprodursi autonomamente in numero sempre maggiore, aumentando i riproduttori ed ulteriorimente tutelato dalla pesca di frodo (affronterò la “delicata” questione Luccio a breve).
Probabilmente assisteremo anche ad un aumento della pezzatura (taglia) in generale.
In quest’ottica, che ho qui semplificato al massimo, credo ci sia la visione di come potrebbe svilupparsi la pesca 2.0 nel prossimo futuro.
Chissà…magari sbaglierò anche, ma questa è una opportunità a mio parere, una visione d’equilibrio tra un’attività storica della tradizione gardesana, la pesca e il futuro dell’habitat e dell’ittiofauna del Lago di Garda.
Questo marchio e le azioni ad esso collegate, rientrano anche nell’ottica del punto n°5 del Contratto di Lago.
Io vedo all’orizzonte un futuro davvero stimolante per il Lago di Garda, basta decidere se si vuole o meno fare sul serio, scorgendo appunto un’opportunità dietro un problema.
Sopra l’articolo del quotidiano L’Arena di Stefano Joppi pubblicato venerdì 2 dicembre scorso, che ben descrive la situazione attuale.
Cit. Galileo Galieli
L’opportunità, in questo caso, visti i problemi che stà affrontando la pesca di professione, va cercata guardando in faccia la realtà, decidendo quindi quale strada si vuole intraprendere e che futuro si vuole costruire.
Ne esistono due secondo me.
La prima è lasciare che le cose continuino così, sperando in un ripensamento spontaneo delle autorità competenti e comunità scientifica sulle specie alloctone (es. Lavarello) e rispettive normative.
Si può quindi continuare a prelevare pesce senza porsi troppe domande, soprattutto legate al futuro delle nuove generazioni di pescatori e sul destino dell’ittiofauna gardesana.
In sintesi: “si è sempre fatto così, ergo andiamo avanti così”.
Poi c’è la seconda strada, certo più faticosa e complessa, ma del resto quelle che portano a cambiamenti radicali non sono mai in discesa.
Questa possibilità prevede l’istituzione di un “marchio di qualità” per il pescato gardesano.
Dietro questo marchio vi è la visione di un disciplinare serio e lungimirante, in grado di garantire al pesce gardesano, che cresce selvatico in acque pulite (certificate tali dalle ARPA), sia dignità che il suo GIUSTO valore economico.
Mediamente un pescatore, affinchè la sua attività sia economicamente sostenibile, deve prelevare determinati volumi di pesce in relazione al valore di mercato.
Più si abbassa il valore più devono aumentare i volumi di prelievo in un certo senso.
Viene quindi logico pensare che, data la graduale diminuzione della biomassa in generale e probabilmente a breve anche del principale protagonista di questo “film”, il Lavarello, quanto prima la pesca di professione si vedrà costretta o a cambiare lavoro o ad indirizzare le attenzioni verso altri pesci, verso altri mercati.
La soluzione però c’è ed tanto “semplice” quanto però di complessa attuazione.
Se il pesce del Garda potrebbe essere in grado di fregiarsi di un marchio di qualità, vista la qualità delle acque in cui cresce, perchè non andare oltre?
Cosa significa quindi “andare oltre”?
Significa raggiungere questo “marchio di qualità”, che non deve essere ridotto ad una semplice etichetta, attraverso l’istituzione di un disciplinare che preveda:
– Una nuova procedura per la conservazione del pesce appena salpato in barca; da li deve cominciare il ciclo del freddo, per garantirne la massima eccellenza qualitativa.
– Delle quote di pesca, in rapporto alle licenze vigenti (da contingentare in Veneto) e commisurate ai risultai dello studio della biomassa (lo studio è stato già richiesto alle regioni e rappresenta la base di partenza).
– Azioni continuative di tutela ambientale come manutenzione canneto, creazioni zone di oasi, pulizia di dette zone in prossimità dei periodi di frega, lotta serrata agli abusivi e bracconieri, potenziamento degli stabilimenti ittiogenici e delle guardie.
– Un accordo, mediato dalle Camere di Commercio e le ass. di categoria, tra pescatori, grossisti e ristoratori, affinchè il pesce gardesano resti possibilmente sul territorio gardesano.
– Dal punto sopra discende la promozione turistica del “marchio di qualità” a Km/0; questo pesce ha una grande storia e va raccontata.
Questi obiettivi garantiranno un aumento del valore economico del pescato e di conseguenza un minor prelievo da parte dei pescatori che vedrebbero, con minor sforzo e prelievo, raggiunti i requisiti necessari al mentenimento della loro professione, nobilitandola.
Inoltre, a cascata, si avrebbe un aumento numerico del pesce in quanto, oltre ad essere prelevato meno, sarebbe messo in condizione di riprodursi autonomamente in numero sempre maggiore, aumentando i riproduttori ed ulteriorimente tutelato dalla pesca di frodo (affronterò la “delicata” questione Luccio a breve).
Probabilmente assisteremo anche ad un aumento della pezzatura (taglia) in generale.
In quest’ottica, che ho qui semplificato al massimo, credo ci sia la visione di come potrebbe svilupparsi la pesca 2.0 nel prossimo futuro.
Chissà…magari sbaglierò anche, ma questa è una opportunità a mio parere, una visione d’equilibrio tra un’attività storica della tradizione gardesana, la pesca e il futuro dell’habitat e dell’ittiofauna del Lago di Garda.
Questo marchio e le azioni ad esso collegate, rientrano anche nell’ottica del punto n°5 del Contratto di Lago.
Io vedo all’orizzonte un futuro davvero stimolante per il Lago di Garda, basta decidere se si vuole o meno fare sul serio, scorgendo appunto un’opportunità dietro un problema.
Sopra l’articolo del quotidiano L’Arena di Stefano Joppi pubblicato venerdì 2 dicembre scorso, che ben descrive la situazione attuale.