La Trota lacustre e il Ponte Rosa di Peschiera del Garda
Lo sapete che all’interno della “capsula del tempo”, inserita in una nicchia dietro il Leone di San Marco a Porta Verona, c’è una pergamena con un frase che recita:”…senza memoria non c’è futuro”?c
Ecco perché oggi vi parlo della Trota Lacustre, ma, vista la premessa, lo faccio attraverso un ricordo in particolare, una memoria appunto, quella di mio zio Bruno Fratucello e alcuni passaggi di Giuseppe Trecca, giornalista che scriveva per l’Arena negli anni ’30.
Mio zio Bruno, classe 1909, mi raccontava spesso di vicende legate alla pesca.
Un suo racconto in particolare mi è sempre rimasto in mente, ovvero il “ponte rosa”.
Erano i primi anni del ‘900 e proprio in questo periodo dell’anno, dal Ponte San Giovanni sul Canale di Mezzo, dove oggi c’è il presepe subacqueo, venivano calate delle reti.
Si catturavano così centinaia di Trote Lacustri che, riversate sul ponte, allora ancora in legno, veniva ricoperto di un tale numero di uova da farlo sembrare, appunto, di colore rosa.
Tra tutte le Trote pescate, la più grossa, che poteva arrivare anche a 20kg, si diceva andasse in dono al Re d’Italia, Vittorio Emanuele III.
La vigilia di Natale del 1928, Giovanni Trecca, fu inviato dal giornale l’Arena, per realizzare un servizio sul più prolifico stabilimento ittiogenico del Lago di Garda, ovvero il Regio Stabilimento di Pescicoltura di Peschiera, che “produceva” proprio la Trota Lacustre, descrivendo la visita del prefetto di Verona, comm. Ruggero Lops, del Segretario Federale del Fascio, avv. Mutto e del podestà Avanzini.
Per l’occasione la Cooperativa Arilicense di Pesca e Pescicoltura organizzò una battuta di pesca dimostrativa, nel Canale di Mezzo. Ebbene, un solo passaggio con la rete, trainata da due barche, portò alla cattura di numerosissime Trote Lacustri, tra lo stupore delle autorità intervenute.
Purtroppo dopo il 1960, con l’entrata in funzione della diga, le Trote smisero di riprodursi a Peschiera e lungo le sponde del Fiume Mincio.
Queste sono solo alcune memorie di un mondo che non esiste più, se non in qualche libro o nei ricordi di qualcuno a cui è stato raccontato.
Senza memoria non c’è futuro?
Bè, io credo sia così.
Se non abbiamo consapevolezza di cosa ha rappresentato questo Lago per molti dei nostri nonni, come possiamo pensare di conoscerlo e comprenderlo davvero?
Studiare tutto sulla sua biologia non sarà sufficiente se non abbiamo chiara la sua vera identità.
Del resto, come diceva Robert A. Heinlein: “una generazione che ignora la storia non ha passato…né futuro”, questo è di fatto il vero messaggio custodito nella “capsula del tempo”.
Anche se non abbiamo più bisogno di tornare ad issare le reti dal ponte San Giovanni, di costruire le “Arèle” per sbarcare il lunario o essiccare le Aole per lo stesso motivo, non significa che quel passato sia inutile, tutt’altro.
Proviamo a pensare a quante migliaia di persone, oggi come in passato, hanno lavorato, fatto impresa e si sono fatte una vita grazie al Lago di Garda.
Ora abbiamo a disposizione mezzi e conoscenze per riportare equilibrio in un ambiente che si è posto in forte disequilibrio, nel permetterci di raggiungere ciò che siamo e abbiamo.
Non dovremo pensare, quantomeno, di dedicargli l’attenzione che merita?
Se una volta avevamo stabilimenti ittiogenici molto prolifici e pescatori che “curavano” i canneti, perché non riprendere queste pratiche, alla luce però delle nuove conoscenze, tecnologie e avvalendosi di seri professionisti?
Se nei decenni passati abbiamo compromesso i “letti” di frega e litorali con porti e lungolaghi, perché non ripristinarli dove possibile, visto che oggi sappiamo tecnicamente come fare?
Adesso è il Garda a chiederci aiuto ed è doveroso rispondere.
Lo abbiamo fatto con il Contratto di Lago, lo stiamo facendo con la progettazione del Parco e Stabilimento Ittiogenico di Peschiera, che concorre verso un bando di finanziamento, con partner la Regione Veneto e il sostegno di tanti importanti enti e associazioni del territorio, che ringrazio di cuore.
Lo possiamo aiutare anche adesso, leggendo e condividendo questo post e gli altri visibili su #contrattodilagodelgarda , che ci aiuteranno, probabilmente, a guardare il Garda con occhi più attenti e consapevoli.
Il Lago di Garda, infine, ha una sua identità, fatta di memorie e tradizioni, di cicli biologici lenti e fragili, che va compresa, come è stato fatto durante la creazione del Contratto di Lago e sintetizzato, tanto semplicemente, nella capsula del tempo.
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