1922 – 2022, due grandi siccità a confronto
Venerdì mattina mi sono fermato in barca a fotografare il cuore del Garda…ovvero il Pal del Vò.
Così lo avevo descritto quasi un anno fa, in questo articolo dal titolo “Il cuore del Lago di Garda…tra storia ed ittiofauna” inserito nella categoria “storia e ittiofauna” ed in effetti, per tanti motivi, lo è davvero.
Ma la cosa più interessante, motivo per cui oggi scrivo, è che questo palo, questo simbolo di fatto, ha una data che racconta di un evento passato oggi molto attuale.
Era il 17 febbraio del 1922…sì attraversava allora un periodo di forte siccità per il Lago di Garda, una siccità probabilmente peggiore di quella che stiamo vivendo oggi…ironia della sorte a 100 anni esatti da allora.
A Peschiera si misurò infatti il record negativo del livello minimo mai raggiunto, ovvero -7 cm sotto lo zero idrometrico.
Alla Secca del Vò, proprio dove ho fatto la foto, come riportato da alcuni pescatori del tempo, si poteva toccare il fondo a soli 3,39 mt.
Oggi siamo a circa +36 cm sopra lo zero idrometrico e quel -7 è davvero molto distante, non credo neppure potremo raggiungere i livelli minimi toccati nel 2003 e 2007.
Ma ciò che oggi rispetto allora preoccupa, è la frequenza e quindi la tendenza in aumento di questi fenomeni.
Non sono più casi eccezzionali come nel ’22.
Solo negli ultimi 20 anni abbiamo avuto vari fenomeni siccitosi estremi per il Garda.
Nel 2003 e 2007 per esempio, quando a settembre i valori sullo zero idrometrico si attestarono a circa +8 cm…così anche nel 2012 e oggi, 2022.
Insomma la tendenza conta a mio parere…ma non essendo un esperto non azzardo altri accostamenti legati ai cambiamenti climatici.
Ritornando però indietro di un secolo, a quel febbraio del 1922, c’è una considerazione e un ragionamento da sviluppare.
Allora il Lago di Garda era a tutti gli effetti un bacino a regolazione naturale, non vi era infatti l’Edificio Regolatore (diga di Salionze), costruito circa 30 anni dopo, negli anni ’50, non vi era neanche la richiesta idrica attuale per uso irriguo.
Quindi come fu possibile una tale secca?
Come si regolava l’altezza del Garda?
Si regolava naturalmente con le stagioni…attraverso gli eventi atmosferici, venti e correnti.
Ogni evento atmosferico incideva direttamente sull’aumento o sulla diminuzione dei livelli, che variavano anche in giornata ed in modo considerevole, come riportato nelle memorie di molti pescatori di allora.
Il vento stesso, raccontavano, incideva sulla derivazione lungo il Mincio, aumentando la velocità della corrente verso sud per esempio…abbassando così il livello del Garda anche a vista d’occhio.
Probabilmente…e questa resterà una domanda a cui credo non potrò trovare risposta scientifica certa, il Lago di Garda “pre” regolazione artificiale, aveva delle correnti ed equilibri differenti.
Equilibri probabilmente mutati radicalmente con l’inserimento dell’ultima paratia e l’attivazione dall’Edificio Regolatore (diga di Salionze).
Mutarono i fondali, la composizione degli stessi…aumentarono negli anni i depositi di limo e fanghi in aggiunta all’antropizzazzione che esplose proprio allora.
Capire storicamente l’evoluzione dell’habitat gardesano, in modo approfondito e non superficialmente, come stò facendo io in questo momento, penso possa essere veramente importante per il futuro se si vuole davvero comprendere e tracciare una consequenzialità dei cambiamenti passati e presenti.
Servono investimenti economici…servono professionisti e scienziati, serve un “Osservatorio Ambientale Permanente”.
Le mie sono considerazioni suggerite dalla storia e dai racconti di chi il lago lo ha sempre vissuto attraverso l’esperienza diretta, tramite anche i racconti dei genitori e nonni…parlo quindi dei pescatori.
Loro di fatto sono l’ultima memoria del Garda.
La memoria storica dovrebbe unirsi alla scienza per completare quel quadro di conoscenza generale che ritengo FONDAMENTALE.
Si può scoprire quindi che la siccità che stiamo vivendo è già stata affrontata altre volte in passato…e il Lago l’ha superata.
La supererà certamente anche questa volta.
Possiamo imparare che, ciclicamente, abbiamo avuto delle carenze di pesce, magari di determinate specie, anche importanti…che poi si sono riprese.
Oggi però ogni situazione “estrema” fa il conto anche con la capacità dell’ambiente di sopperire a se stesso, quindi è importante ragionare su cosa ancora il Garda sia in grado di sopportare e gestire.
Oggi l’habitat e l’ambiente non sono gli stessi di cent’anni fa.
Probabilmente una volta il Garda aveva più capacità di recupero ed il suo ecosistema era più forte…probabile, ma posso solo supporlo evidentemente.
Per lo stesso motivo è necessario intanto far aumentare e rafforzare le “difese immunitarie” di questo ecosistema…nel quale, è giusto sempre ricordarlo, ci siamo anche noi e da esso, ci piaccia o meno, consapevoli o meno, dipendiamo.
Così lo avevo descritto quasi un anno fa, in questo articolo dal titolo “Il cuore del Lago di Garda…tra storia ed ittiofauna” inserito nella categoria “storia e ittiofauna” ed in effetti, per tanti motivi, lo è davvero.
Ma la cosa più interessante, motivo per cui oggi scrivo, è che questo palo, questo simbolo di fatto, ha una data che racconta di un evento passato oggi molto attuale.
Era il 17 febbraio del 1922…sì attraversava allora un periodo di forte siccità per il Lago di Garda, una siccità probabilmente peggiore di quella che stiamo vivendo oggi…ironia della sorte a 100 anni esatti da allora.
A Peschiera si misurò infatti il record negativo del livello minimo mai raggiunto, ovvero -7 cm sotto lo zero idrometrico.
Alla Secca del Vò, proprio dove ho fatto la foto, come riportato da alcuni pescatori del tempo, si poteva toccare il fondo a soli 3,39 mt.
Oggi siamo a circa +36 cm sopra lo zero idrometrico e quel -7 è davvero molto distante, non credo neppure potremo raggiungere i livelli minimi toccati nel 2003 e 2007.
Ma ciò che oggi rispetto allora preoccupa, è la frequenza e quindi la tendenza in aumento di questi fenomeni.
Non sono più casi eccezzionali come nel ’22.
Solo negli ultimi 20 anni abbiamo avuto vari fenomeni siccitosi estremi per il Garda.
Nel 2003 e 2007 per esempio, quando a settembre i valori sullo zero idrometrico si attestarono a circa +8 cm…così anche nel 2012 e oggi, 2022.
Insomma la tendenza conta a mio parere…ma non essendo un esperto non azzardo altri accostamenti legati ai cambiamenti climatici.
Ritornando però indietro di un secolo, a quel febbraio del 1922, c’è una considerazione e un ragionamento da sviluppare.
Allora il Lago di Garda era a tutti gli effetti un bacino a regolazione naturale, non vi era infatti l’Edificio Regolatore (diga di Salionze), costruito circa 30 anni dopo, negli anni ’50, non vi era neanche la richiesta idrica attuale per uso irriguo.
Quindi come fu possibile una tale secca?
Come si regolava l’altezza del Garda?
Si regolava naturalmente con le stagioni…attraverso gli eventi atmosferici, venti e correnti.
Ogni evento atmosferico incideva direttamente sull’aumento o sulla diminuzione dei livelli, che variavano anche in giornata ed in modo considerevole, come riportato nelle memorie di molti pescatori di allora.
Il vento stesso, raccontavano, incideva sulla derivazione lungo il Mincio, aumentando la velocità della corrente verso sud per esempio…abbassando così il livello del Garda anche a vista d’occhio.
Probabilmente…e questa resterà una domanda a cui credo non potrò trovare risposta scientifica certa, il Lago di Garda “pre” regolazione artificiale, aveva delle correnti ed equilibri differenti.
Equilibri probabilmente mutati radicalmente con l’inserimento dell’ultima paratia e l’attivazione dall’Edificio Regolatore (diga di Salionze).
Mutarono i fondali, la composizione degli stessi…aumentarono negli anni i depositi di limo e fanghi in aggiunta all’antropizzazzione che esplose proprio allora.
Capire storicamente l’evoluzione dell’habitat gardesano, in modo approfondito e non superficialmente, come stò facendo io in questo momento, penso possa essere veramente importante per il futuro se si vuole davvero comprendere e tracciare una consequenzialità dei cambiamenti passati e presenti.
Servono investimenti economici…servono professionisti e scienziati, serve un “Osservatorio Ambientale Permanente”.
Le mie sono considerazioni suggerite dalla storia e dai racconti di chi il lago lo ha sempre vissuto attraverso l’esperienza diretta, tramite anche i racconti dei genitori e nonni…parlo quindi dei pescatori.
Loro di fatto sono l’ultima memoria del Garda.
La memoria storica dovrebbe unirsi alla scienza per completare quel quadro di conoscenza generale che ritengo FONDAMENTALE.
Si può scoprire quindi che la siccità che stiamo vivendo è già stata affrontata altre volte in passato…e il Lago l’ha superata.
La supererà certamente anche questa volta.
Possiamo imparare che, ciclicamente, abbiamo avuto delle carenze di pesce, magari di determinate specie, anche importanti…che poi si sono riprese.
Oggi però ogni situazione “estrema” fa il conto anche con la capacità dell’ambiente di sopperire a se stesso, quindi è importante ragionare su cosa ancora il Garda sia in grado di sopportare e gestire.
Oggi l’habitat e l’ambiente non sono gli stessi di cent’anni fa.
Probabilmente una volta il Garda aveva più capacità di recupero ed il suo ecosistema era più forte…probabile, ma posso solo supporlo evidentemente.
Per lo stesso motivo è necessario intanto far aumentare e rafforzare le “difese immunitarie” di questo ecosistema…nel quale, è giusto sempre ricordarlo, ci siamo anche noi e da esso, ci piaccia o meno, consapevoli o meno, dipendiamo.