La fitodepurazione gardesana
L’acqua del Lago di Garda può “autopurificarsi”? Si !!
Questo processo biologico naturale, che si chiama fitodepurazione, si attiva al meglio in condizioni non eccessivamente antropizzate, ovvero quando sono mantenute determinate caratteristiche naturali, come la presenza di vegetazione, canneto e piante acquatiche in primis, quando le sponde non sono completamente cementificate o rettificate, quindi ricche di insenature e conche, con zone di “morta” ovvero poca corrente.
Le immagini che ho allegato in questo post, che ritraggono la prima parte del Fiume Mincio, dalla sua origine a Peschiera del Garda verso Salionze, sono un bellissimo esempio di come era il decorso naturale del Fiume Mincio.
E’ evidentemente che quello che vediamo oggi non è certo ciò che avremo visto oltre un secolo fa.
Il fiume era meno profondo, ricco di isolotti su cui avremo visto mulini e peschiere disseminate un po’ ovunque.
In un contesto simile la capacità di fitodepurazione era certo massima e in grado di “assorbire”, depurandole, varie sostanze reflue biologiche.
Il Fiume Mincio, come il Lago di Garda, era dotato di un sistema di fitodepurazione naturale efficace, ovvero il Canneto e tutto il sistema algale ad esso correlato.
Nei primi del ‘900, come riportava l’ittiologo Floreste Malfer, sul Lago di Garda esisteva un sistema di Canneto pressoché continuo, tra Desenzano e Punta San Vigilio, che si estendeva per circa 40km lineari, oggi ne sono rimasti circa 8km, li ho misurati io lo scorso anno in barca, quindi è un dato del tutto non scientifico, ma certamente indicativo.
Così come per il Garda, era anche lungo il Fiume Mincio.
Nei ricordi che mio zio Bruno, classe 1909 e arilicense doc, mi raccontava quando ero ragazzino, mi è rimasta impressa la pesca al Luccio con il filo di rame.
Quando andava a pesca lungo il Fiume Mincio, appena dopo quelli che oggi sono i Setteponti odierni, poteva passare allora tra un isolotto e l’altro, guardando a piedi il Mincio nei punti di basso fondale.
Quando vedeva un Luccio faceva un cappio al filo di rame, molto lentamente lo faceva poi passare lungo il pesce, che è solito stazionare immobile sul fondo, per poi tirare velocemente stringendo così il cappio intorno alla testa del pesce. Il nodo sul filo, essendo di rame, non si allentava facilmente, permettendo così il recupero pesce.
Proprio lungo le sponde del Fiume Mincio, tra questi isolotti, vi era una massiccia presenza di pesce, l’habitat era perfetto ed ideale.
A buona testimonianza di quanto ho scritto riporto un passaggio del giornalista Giuseppe Trecca, che, in visita al Regio Stabilimento di Piscicoltura di Peschiera del Garda nel 1930, descrisse il panorama proprio delle zone che ho riportato nelle immagini di questo post come: “…un ambiente suggestivo, olandese, che dà all’insieme un aspetto pittoresco, quasi di isole incantate, ove convergono le reti tra l’arco del ponte, scorre rapida e limpida l’acqua sprigionata dal lago, giù in verdi paschi, in un ambiente da sogno”.
Persino la Trota Lacustre veniva a deporre lungo il Mincio, tra dicembre e gennaio, da Peschiera fino ad oltre un chilometro a sud verso Salionze.
Queste sono testimonianze dirette, che ricordo con tanto piacere, non solo di una persona a me cara, ma anche di chi ha potuto vivere e vedere un ambiente naturale e un habitat che oggi non esiste più. Tornando alla domanda iniziale rispetto l’autodepurazione delle acque…si, è possibile! Vengono anche costruiti apposta dei bacini di fitodepurazione in determinate situazioni.
La fitodepurazione è oggi chiaramente un processo biologico importante, soprattutto per gli affluenti del Garda e per il Mincio, in grado però solo di affiancarsi ed essere di sostegno marginale ai sistemi di depurazioni artificiali, che sono imprescindibili per la salute di qualsiasi territorio.
Tra l’altro il depuratore di Peschiera del Garda è proprio un depuratore di tipo “biologico”, ovvero che depura le sostanze reflue attraverso un processo naturale dove i batteri degradano e “digeriscono” le sostanze biologiche reflue, un po’ quello che avviene, seppur in scala ridotta e più lenta, nella fitodepurazione in un ambiente naturale, quando però è nelle condizioni di esprimere al meglio le sue fisiologiche caratteristiche.
#contrattodilagodelgarda
Questo processo biologico naturale, che si chiama fitodepurazione, si attiva al meglio in condizioni non eccessivamente antropizzate, ovvero quando sono mantenute determinate caratteristiche naturali, come la presenza di vegetazione, canneto e piante acquatiche in primis, quando le sponde non sono completamente cementificate o rettificate, quindi ricche di insenature e conche, con zone di “morta” ovvero poca corrente.
Le immagini che ho allegato in questo post, che ritraggono la prima parte del Fiume Mincio, dalla sua origine a Peschiera del Garda verso Salionze, sono un bellissimo esempio di come era il decorso naturale del Fiume Mincio.
E’ evidentemente che quello che vediamo oggi non è certo ciò che avremo visto oltre un secolo fa.
Il fiume era meno profondo, ricco di isolotti su cui avremo visto mulini e peschiere disseminate un po’ ovunque.
In un contesto simile la capacità di fitodepurazione era certo massima e in grado di “assorbire”, depurandole, varie sostanze reflue biologiche.
Il Fiume Mincio, come il Lago di Garda, era dotato di un sistema di fitodepurazione naturale efficace, ovvero il Canneto e tutto il sistema algale ad esso correlato.
Nei primi del ‘900, come riportava l’ittiologo Floreste Malfer, sul Lago di Garda esisteva un sistema di Canneto pressoché continuo, tra Desenzano e Punta San Vigilio, che si estendeva per circa 40km lineari, oggi ne sono rimasti circa 8km, li ho misurati io lo scorso anno in barca, quindi è un dato del tutto non scientifico, ma certamente indicativo.
Così come per il Garda, era anche lungo il Fiume Mincio.
Nei ricordi che mio zio Bruno, classe 1909 e arilicense doc, mi raccontava quando ero ragazzino, mi è rimasta impressa la pesca al Luccio con il filo di rame.
Quando andava a pesca lungo il Fiume Mincio, appena dopo quelli che oggi sono i Setteponti odierni, poteva passare allora tra un isolotto e l’altro, guardando a piedi il Mincio nei punti di basso fondale.
Quando vedeva un Luccio faceva un cappio al filo di rame, molto lentamente lo faceva poi passare lungo il pesce, che è solito stazionare immobile sul fondo, per poi tirare velocemente stringendo così il cappio intorno alla testa del pesce. Il nodo sul filo, essendo di rame, non si allentava facilmente, permettendo così il recupero pesce.
Proprio lungo le sponde del Fiume Mincio, tra questi isolotti, vi era una massiccia presenza di pesce, l’habitat era perfetto ed ideale.
A buona testimonianza di quanto ho scritto riporto un passaggio del giornalista Giuseppe Trecca, che, in visita al Regio Stabilimento di Piscicoltura di Peschiera del Garda nel 1930, descrisse il panorama proprio delle zone che ho riportato nelle immagini di questo post come: “…un ambiente suggestivo, olandese, che dà all’insieme un aspetto pittoresco, quasi di isole incantate, ove convergono le reti tra l’arco del ponte, scorre rapida e limpida l’acqua sprigionata dal lago, giù in verdi paschi, in un ambiente da sogno”.
Persino la Trota Lacustre veniva a deporre lungo il Mincio, tra dicembre e gennaio, da Peschiera fino ad oltre un chilometro a sud verso Salionze.
Queste sono testimonianze dirette, che ricordo con tanto piacere, non solo di una persona a me cara, ma anche di chi ha potuto vivere e vedere un ambiente naturale e un habitat che oggi non esiste più. Tornando alla domanda iniziale rispetto l’autodepurazione delle acque…si, è possibile! Vengono anche costruiti apposta dei bacini di fitodepurazione in determinate situazioni.
La fitodepurazione è oggi chiaramente un processo biologico importante, soprattutto per gli affluenti del Garda e per il Mincio, in grado però solo di affiancarsi ed essere di sostegno marginale ai sistemi di depurazioni artificiali, che sono imprescindibili per la salute di qualsiasi territorio.
Tra l’altro il depuratore di Peschiera del Garda è proprio un depuratore di tipo “biologico”, ovvero che depura le sostanze reflue attraverso un processo naturale dove i batteri degradano e “digeriscono” le sostanze biologiche reflue, un po’ quello che avviene, seppur in scala ridotta e più lenta, nella fitodepurazione in un ambiente naturale, quando però è nelle condizioni di esprimere al meglio le sue fisiologiche caratteristiche.
#contrattodilagodelgarda