La voce di Porta Verona.
Porta Verona parla…ma cosa ci dice?
Porta Verona, detta anche porta Querina, è l’ingresso principale e monumentale della città di Peschiera.
Fino alla prima decade del ‘900, quando era ancora presente la cortina Tognon, che chiudeva l’attuale porto centrale, Porta Verona insieme a Porta Brescia, detta anche porta di campagna, rappresentava l’unico accesso e uscita della città fortificata.
Questa porta fu costruita nel 1553 e incredibilmente fu terminata in un solo anno, così come inciso nel marmo nella lapide apposta centralmente sulla sommità della porta.
Questo accesso alla fortezza pentagonale di Peschiera del Garda, nonostante fosse l’accesso principale e quindi quello maggiormente ornato, non presenta nulla di particolarmente appariscente a livello decorativo.
Ma non è certamente la parte decorativa a comunicare qualcosa. Ciò che la porta comunica è solidità e potenza, in uno stile “militare” che, scarno di estetismi, si concentrava sull’impatto che questo sistema fortificato poteva arrecare emotivamente al nemico.
Provo a spiegare questo concetto che mi piace molto… Peschiera del Garda fu scelta dalla Serenissima Repubblica di Venezia come avamposto da fortificare “alla moderna” per lo “Stato da Terra” del territorio gardesano, in virtù della centralità della sua collocazione geografica e vie di comunicazione.
Tra le tante città gardesane fu preferita Peschiera, anche se Sirmione era in lizza per questo cambio di fortificazione, in quanto era davvero importante allora avere un riferimento strategico ben difeso e al passo con le nuove armi di offesa, contro i quali i “vecchi” sistemi murari medioevali, i castelli per intenderci, non potevano più competere.
Nel 1550 così iniziarono i lavori per fortificare la città arilicense con questo nuovo sistema difensivo…mura più basse e molto spesse rispetto le precedenti medioevali, dotate di un importante terrapieno sostenuto da contrafforti, con una leggera inclinazione realizzata ad arte per “assorbire” l’impatto delle nuove armi a scoppio, come i cannoni, visto l’arrivo della polvere da sparo.
Inoltre il sistema dei canali che la avvolgevano rendevano quindi Peschiera davvero ben protetta, con una parte addirittura “coperta” dal Lago a nord e a sud dal Fiume Mincio.
Quindi, tornando alla domanda iniziale, cosa poteva comunicare questa porta?
Se ci fossimo trovati davanti alla stessa durante il XVII secolo, ci saremmo trovati prima ad affrontare un sistema di canali e controbastioni, sia murari che di terra e poi arrivati alla porta, l’avremo vista apparire più o meno come oggi, un imponente “muro” di marmo Rosso Verona, con mura rosso mattone (molto più brillante di oggi), con un ponte lavatoio sollevato e sotto il restante ponte di legno, sostituito con uno in cemento solo nel 1926, acque e terreni “paludosi”, sui cui non era certamente agevole muoversi.
Inoltre l’effige del Leone di San Marco, proprio sopra l’ingresso, oltre a ricordare che si era sul territorio della Serenissima, diceva in chiare lettere, leggibili in latino ancora oggi: “Che tu sappia, questa eccelsa immagine ti dissuada dal provocare i Veneti, giacchè contro il nemico hanno il vigore del leone”.
Questo diceva e dice ancora Porta Verona, che si è riappropriata dalla sua “voce” nell’aprile del 2019, con il ritorno dell’effige marciana 222 anni dopo la sua distruzione, a cui dedicherò a breve un approfondimento.
Porta Verona rappresenta per me la consapevolezza della propria forza e un saggio uso della stessa.
Era allora un vero e proprio monito, un dissuasore se vogliamo pensarla così…oggi invece ci parla di una storia che ci appartiene e che fa parte della nostra identità…che spero di avervi raccontato in modo semplice e “leggero”.
Porta Verona, detta anche porta Querina, è l’ingresso principale e monumentale della città di Peschiera.
Fino alla prima decade del ‘900, quando era ancora presente la cortina Tognon, che chiudeva l’attuale porto centrale, Porta Verona insieme a Porta Brescia, detta anche porta di campagna, rappresentava l’unico accesso e uscita della città fortificata.
Questa porta fu costruita nel 1553 e incredibilmente fu terminata in un solo anno, così come inciso nel marmo nella lapide apposta centralmente sulla sommità della porta.
Questo accesso alla fortezza pentagonale di Peschiera del Garda, nonostante fosse l’accesso principale e quindi quello maggiormente ornato, non presenta nulla di particolarmente appariscente a livello decorativo.
Ma non è certamente la parte decorativa a comunicare qualcosa. Ciò che la porta comunica è solidità e potenza, in uno stile “militare” che, scarno di estetismi, si concentrava sull’impatto che questo sistema fortificato poteva arrecare emotivamente al nemico.
Provo a spiegare questo concetto che mi piace molto… Peschiera del Garda fu scelta dalla Serenissima Repubblica di Venezia come avamposto da fortificare “alla moderna” per lo “Stato da Terra” del territorio gardesano, in virtù della centralità della sua collocazione geografica e vie di comunicazione.
Tra le tante città gardesane fu preferita Peschiera, anche se Sirmione era in lizza per questo cambio di fortificazione, in quanto era davvero importante allora avere un riferimento strategico ben difeso e al passo con le nuove armi di offesa, contro i quali i “vecchi” sistemi murari medioevali, i castelli per intenderci, non potevano più competere.
Nel 1550 così iniziarono i lavori per fortificare la città arilicense con questo nuovo sistema difensivo…mura più basse e molto spesse rispetto le precedenti medioevali, dotate di un importante terrapieno sostenuto da contrafforti, con una leggera inclinazione realizzata ad arte per “assorbire” l’impatto delle nuove armi a scoppio, come i cannoni, visto l’arrivo della polvere da sparo.
Inoltre il sistema dei canali che la avvolgevano rendevano quindi Peschiera davvero ben protetta, con una parte addirittura “coperta” dal Lago a nord e a sud dal Fiume Mincio.
Quindi, tornando alla domanda iniziale, cosa poteva comunicare questa porta?
Se ci fossimo trovati davanti alla stessa durante il XVII secolo, ci saremmo trovati prima ad affrontare un sistema di canali e controbastioni, sia murari che di terra e poi arrivati alla porta, l’avremo vista apparire più o meno come oggi, un imponente “muro” di marmo Rosso Verona, con mura rosso mattone (molto più brillante di oggi), con un ponte lavatoio sollevato e sotto il restante ponte di legno, sostituito con uno in cemento solo nel 1926, acque e terreni “paludosi”, sui cui non era certamente agevole muoversi.
Inoltre l’effige del Leone di San Marco, proprio sopra l’ingresso, oltre a ricordare che si era sul territorio della Serenissima, diceva in chiare lettere, leggibili in latino ancora oggi: “Che tu sappia, questa eccelsa immagine ti dissuada dal provocare i Veneti, giacchè contro il nemico hanno il vigore del leone”.
Questo diceva e dice ancora Porta Verona, che si è riappropriata dalla sua “voce” nell’aprile del 2019, con il ritorno dell’effige marciana 222 anni dopo la sua distruzione, a cui dedicherò a breve un approfondimento.
Porta Verona rappresenta per me la consapevolezza della propria forza e un saggio uso della stessa.
Era allora un vero e proprio monito, un dissuasore se vogliamo pensarla così…oggi invece ci parla di una storia che ci appartiene e che fa parte della nostra identità…che spero di avervi raccontato in modo semplice e “leggero”.