La costruzione dell’Edificio Regolatore del Lago di Garda.
Correva l’anno 1960…
…entrava in funzione la diga, l’edificio regolatore del Lago di Garda, che trasformò, di fatto, con il posizionamento dell’ultima paratia meccanica, un bacino a regolazione naturale in artificiale.
Come promesso descriverò velocemente, sperando di suscitare un minimo di sana curiosità, alcune conseguenze che la diga portò con sé, avendo già evidenziato in altri articoli, ad onor del vero, le indubbie note positive.
La diga, entrando in funzione, modificò correnti e sedimentazione del fondale.
Questa affermazione è da prendere però con il beneficio del dubbio, in quanto non furono eseguiti studi comparativi per valutare scientificamente l’impatto dello sbarramento a livello ambientale, allora non era certo questa la priorità e probabilmente non vi era l’attenzione sufficiente per verificare determinate problematiche.
Ciò che scrivo, quindi, deriva dall’osservazione empirica riportata dei pescatori professionisti del tempo che notarono, dopo l’entrata in funzione della diga, oltre l’ovvio innalzamento dei livelli, un cambiamento veloce del fondale, divenuto, soprattutto nella zona di Peschiera più “melmoso”.
Ricordo però, per completezza di visione, che in quei periodi cresceva velocemente anche un nuovo ed impattante fenomeno, il turismo, di cui ho scritto in un altro spazio di approfondimento.
Inoltre la “bonifica” della sponda del Mincio, con la rimozione di alcuni isolotti e insenature, insieme al dragaggio del fondale al fine di migliorare l’asta di scorrimento idrico, trasformò radicalmente l’habitat rendendolo non più idoneo alla frega di alcune specie ittiche, tra cui le Trote Lacustri.
Da lì a poco infatti non tornarono più a deporre lungo le sponde del fiume né a Peschiera, dove tra divembre e gennaio si radunavano in migliaia di capi, a riprova di quanto scritto.
Difficile quindi quantificare l’impatto ambientale che ebbe la diga, ma certamente fu radicale e profondo.
Su una cosa certo non ci sono dubbi, la diga, come sbarramento artificiale, bloccò la naturale risalita delle Anguille dal mare verso il Lago, in modo così impattante che da allora, per garantire e sostenere la presenza di questa specie nel Garda, per millenni fonte di commercio tanto che ne parlò anche Plinio il Vecchio, circa 2000 anni fa, si dovette provvedere ad immissioni artificiali costanti, per compensazione.
Oggi l’Anguilla, presenta tracce di diossina nelle sue carni, è divenuta così una specie vietata al consumo umano, ormai da oltre 10 anni, conseguentemente non viene più immessa, mancando il “fine commerciale”.
Questo significherà che, se non vi saranno soluzioni adeguate in merito, probabilmente si considererà tre le specie in via di estinzione, di cui il Garda, a mio parere, non dovrebbe privarsi.
Anche la Cheppia risaliva il dal mare al Lago di Garda prima della costruzione degli sbarramenti a valle, ma quest’ultima sappiamo essersi evoluta in una specie stanziale, l’Agone.
A rinforzo di quanto scritto, mi permetto una nota un pò campanilistica.
Per gli Arilicensi (è il nome degli abitanti di Peschiera) l’Anguilla è parte del simbolo araldico della città, in foto sotto, che ne ricorda nascita, identità e tradizioni e a questo punto, considerando tutto, potrebbe anche porsi come monito per il futuro.
Per queste ragioni è mia intenzione riprendere un progetto e una idea di Enzo Oppi, illuminato ittiologo gardesano, che auspicava la costruzione di un impianto di risalita dell’Anguilla dalla diga, per permettere la ripresa del loro naturale percorso, agevolando il ricambio biologico.
Queste “risalite” sono possibili in quanto sono già state integrate, per legge, in moltissime dighe e sbarramenti in Italia.
Se il tempo intercorso non ha modificato l’istinto di questa specie e se a valle della diga non sono intervenute opere di modifica sostanziali, allora c’è ancora la speranza di recuperare qualcosa e riconsegnare al Lago di Garda almeno una piccola parte della sua prerogativa naturale, interrotta ben 60 anni fa.
Bisogna sempre fare i conti però con il tempo che passa e le situazioni ad esso contingenti, infatti oggi il calo dell’Anguilla a livello europeo è preoccupante e a questo si aggiunge che una “scala di rimonta” potrebbe aprire le porte anche a specie invasive e pericolose, come il Siluro ad esempio, già presente nel Garda comunque almeno dagli anni ’80.
Ma non bisogna certamente abbandonare idee e obiettivi finchè non si saranno indagate bene tutte le strade possibili per raggiungerli e non si siano pesate attentamente “rischi e benefici”.
La perseveranza è ciò che rende l’impossibile possibile, il possibile probabile e il probabile certo. Cit. Robert Half
…entrava in funzione la diga, l’edificio regolatore del Lago di Garda, che trasformò, di fatto, con il posizionamento dell’ultima paratia meccanica, un bacino a regolazione naturale in artificiale.
Come promesso descriverò velocemente, sperando di suscitare un minimo di sana curiosità, alcune conseguenze che la diga portò con sé, avendo già evidenziato in altri articoli, ad onor del vero, le indubbie note positive.
La diga, entrando in funzione, modificò correnti e sedimentazione del fondale.
Questa affermazione è da prendere però con il beneficio del dubbio, in quanto non furono eseguiti studi comparativi per valutare scientificamente l’impatto dello sbarramento a livello ambientale, allora non era certo questa la priorità e probabilmente non vi era l’attenzione sufficiente per verificare determinate problematiche.
Ciò che scrivo, quindi, deriva dall’osservazione empirica riportata dei pescatori professionisti del tempo che notarono, dopo l’entrata in funzione della diga, oltre l’ovvio innalzamento dei livelli, un cambiamento veloce del fondale, divenuto, soprattutto nella zona di Peschiera più “melmoso”.
Ricordo però, per completezza di visione, che in quei periodi cresceva velocemente anche un nuovo ed impattante fenomeno, il turismo, di cui ho scritto in un altro spazio di approfondimento.
Inoltre la “bonifica” della sponda del Mincio, con la rimozione di alcuni isolotti e insenature, insieme al dragaggio del fondale al fine di migliorare l’asta di scorrimento idrico, trasformò radicalmente l’habitat rendendolo non più idoneo alla frega di alcune specie ittiche, tra cui le Trote Lacustri.
Da lì a poco infatti non tornarono più a deporre lungo le sponde del fiume né a Peschiera, dove tra divembre e gennaio si radunavano in migliaia di capi, a riprova di quanto scritto.
Difficile quindi quantificare l’impatto ambientale che ebbe la diga, ma certamente fu radicale e profondo.
Su una cosa certo non ci sono dubbi, la diga, come sbarramento artificiale, bloccò la naturale risalita delle Anguille dal mare verso il Lago, in modo così impattante che da allora, per garantire e sostenere la presenza di questa specie nel Garda, per millenni fonte di commercio tanto che ne parlò anche Plinio il Vecchio, circa 2000 anni fa, si dovette provvedere ad immissioni artificiali costanti, per compensazione.
Oggi l’Anguilla, presenta tracce di diossina nelle sue carni, è divenuta così una specie vietata al consumo umano, ormai da oltre 10 anni, conseguentemente non viene più immessa, mancando il “fine commerciale”.
Questo significherà che, se non vi saranno soluzioni adeguate in merito, probabilmente si considererà tre le specie in via di estinzione, di cui il Garda, a mio parere, non dovrebbe privarsi.
Anche la Cheppia risaliva il dal mare al Lago di Garda prima della costruzione degli sbarramenti a valle, ma quest’ultima sappiamo essersi evoluta in una specie stanziale, l’Agone.
A rinforzo di quanto scritto, mi permetto una nota un pò campanilistica.
Per gli Arilicensi (è il nome degli abitanti di Peschiera) l’Anguilla è parte del simbolo araldico della città, in foto sotto, che ne ricorda nascita, identità e tradizioni e a questo punto, considerando tutto, potrebbe anche porsi come monito per il futuro.
Per queste ragioni è mia intenzione riprendere un progetto e una idea di Enzo Oppi, illuminato ittiologo gardesano, che auspicava la costruzione di un impianto di risalita dell’Anguilla dalla diga, per permettere la ripresa del loro naturale percorso, agevolando il ricambio biologico.
Queste “risalite” sono possibili in quanto sono già state integrate, per legge, in moltissime dighe e sbarramenti in Italia.
Se il tempo intercorso non ha modificato l’istinto di questa specie e se a valle della diga non sono intervenute opere di modifica sostanziali, allora c’è ancora la speranza di recuperare qualcosa e riconsegnare al Lago di Garda almeno una piccola parte della sua prerogativa naturale, interrotta ben 60 anni fa.
Bisogna sempre fare i conti però con il tempo che passa e le situazioni ad esso contingenti, infatti oggi il calo dell’Anguilla a livello europeo è preoccupante e a questo si aggiunge che una “scala di rimonta” potrebbe aprire le porte anche a specie invasive e pericolose, come il Siluro ad esempio, già presente nel Garda comunque almeno dagli anni ’80.
Ma non bisogna certamente abbandonare idee e obiettivi finchè non si saranno indagate bene tutte le strade possibili per raggiungerli e non si siano pesate attentamente “rischi e benefici”.
La perseveranza è ciò che rende l’impossibile possibile, il possibile probabile e il probabile certo. Cit. Robert Half