Una riflessione sulla pesca e tradizioni del Garda
Condivido con voi questa riflessione, amara, ma alla fine propositiva, come sempre. Peschiera del Garda è sempre stata ricca di “peschiere”, in foto, che hanno contribuito, tra le altre cose, a darle il nome, ovvero stazioni di pesca fisse che garantivano commercio ittico e sostentamento economico.
(consiglio a riguardo la lettura del libro “Le antiche peschiere di Peschiera del Garda”).
Al netto del tempo che passa e dei cambiamenti avvenuti, su cui non si può più intervenire, c’è appunto una riflessione che vi pongo: ma se queste “peschiere” fossero ancora in uso e il pesce di Lago avesse una commerciabilità ancora molto influente, ci sarebbe, in questo caso, pesce a sufficienza? o meglio, sarebbero disponibili le varietà ittiche necessarie a soddisfare e stimolare il mercato?
La risposta ad oggi è, ahimè, NO! Rispetto i tempi passati non possiamo più consumare, per esempio, l’Anguilla di Lago, che per motivi di contaminazione necessita di un divieto di pesca e consumo che va avanti da oltre 10 anni.
Ci sono paesi, come Comacchio (FE), che hanno costruito, per esempio, un indotto turistico/economico sull’Anguilla.
Anche l’Alborella (Aola), ottima per la frittura, i fortunati che hanno potuto provarla sanno di cosa parlo, è invece un pesce in via di estinzione; dai primi anni 2000 la sua popolazione è improvvisamente crollata numericamente, rendendo necessario un “fermo pesca” a salvaguardia, ultimamente ancora prorogato per 3 anni. La Trota e il Carpione sono talmente rari che non possono più rappresentare un perno economico rilevante su cui contare. Pensare che una volta, prima della costruzione della diga, venivano a “fregare” a Peschiera, fino sul Fiume Mincio dove le pescavano con le peschiere. Interessante l’aneddoto di mio zio Bruno, che mi raccontava che, da piccolo, assisteva alla pesca delle trote, con le reti, dal Ponte San Giovanni sul Canale di Mezzo. Il ponte si colorava poi di rosa dalle tante uova che vi si riversavano una volta issate le trote, oggi è fantascienza solo pensarlo. Altre specie sono diventate poco ambite, anche perchè non si è mai promossa, seriamente, una ristorazione tipica gardesana, nonostante sul Garda ci siano grandi chef e ottimi ristoratori che potrebbero scrivere nuove pagine gastronomiche di tutto rispetto. Grazie al Lugana e al Bardolino il territorio gardesano parla già con voce autorevole, dovrà farlo però anche nella gastronomia, attraverso i prodotti ittici, a mio parere. Oggi il Lago sembra orientato ad essere un allevamento, soprattutto di Lavarelli, specie alloctona arrivata a partire dal 1918, che viene immessa artificialmente in numero enorme ogni anno, a discapito anche delle specie ittiche concorrenti sul piano alimentare, tipo trote e Carpione, per esempio, generando un’altra questione che determinerebbe attenzione massima, ovvero la competizione alimentare. Sono sparite o quasi, tantissime specie di pesci di piccola pezzatura es: l’Aola, come detto sopra, il Vairone(da non confondere con il Triotto), la Sanguinerola, il Cobite, lo Spinarello e il saltarello/gamberetto, che nei miei ricordi di ragazzino, catturavo abbondantemente con il retino tra le alghe…insomma tutta una intera biodiversità stà pian piano scomparendo, a danno di un ecosistema e di tutte le specie che in esso prosperavano. Con le specie ittiche scompaiono anche le zone di Canneto e zone di frega. Mi sembra doveroso prenderne atto in una visione quanto più globale del fenomeno, ma senza alcuna polemica. Concludendo l’amara premessa sviluppo ora il concetto propositivo. Trovo che sia possibile invertire la “rotta” che il Garda ha preso, anche perchè è probabilmente ancora l’unico Lago Italiano a poterlo fare, in virtù della sua “buona” salute. I ripopolamenti dovrebbero tenere conto di tutte le specie ittiche, importantissime nell’equilibrio della catena alimentare e possibilmente non concentrarsi in maniera intensiva solo su alcune. Anche se capisco benissimo il motivo che ha portato a questo e non lo giudico. Si dovrebbe puntare quindi molto sulla tutela “naturale” di tutte le specie ittiche, nel loro habitat, rigenerando le zone di frega e protezione, che potrebbero riconsegnare al Lago di Garda una ampia biodiversità in grado di permettere ragionamenti lungimiranti a livello ambientale, turistico, commerciale e gastronomico, tra l’altro ognuno strettamente interconnesso all’altro. Si deve mettere a progetto e sarà un mio impegno, riprendendo una idea di Enzo Oppi, lungimirante ittiologo gardesano, la fattibilità di costruzione dell’impianto di risalita delle Anguille dalla diga di Salionze, affinchè possano riprendere il loro “cammino” e ciclo naturale di permanenza sul Garda interrotto negli anni ’60…questo aiuterà il ricambio biologico naturale della specie. Certamente è una proposta da valutare molto attentamente in quanto la massiccia presenza di Siluri a valle della diga potrebbe rappresentare un problema. Bisognerà valutare quindi un sistema di risalita selettivo, se esistesse. Inoltre bisogna sostenere le associazioni di pesca che mettono in azione attività volte al ripopolamento, in loco, delle Alborelle, secondo logica e indicazione degli ittiologi, fattore imprescindibile. Servirà potenziare e diversificare il lavoro degli stabilimenti ittiogenici affinchè possano essere un ausilio, ma non la sola soluzione, su questa nuova strada da intraprendere.
Bisognerà intensificare i controlli, riaggiornando anche le tempistiche di fermo pesca per riproduzione, per i pescatori professionisti, come per quelli sportivi, di cui anch’io faccio parte. Ho la certezza o meglio la speranza, che il Lago di Garda possa trovare una sua dimensione ed equilibrio per diventare il miglior lago italiano ed europeo, vuoi per qualità delle sue acque, che per la ricchezza di biodiversità, offrendo così anche una ampia gamma di prodotti ittici gastronomici, che, lavorati ad arte, insieme al miglioramento ambientale, genererebbero un ulteriore e virtuoso vettore economico, sostenibile, per il futuro. Sarebbe una ulteriore modalità di promozione del territorio che verrebbe così raccontato nel modo migliore, a mio modo di vedere. La strada sembra lunga, ma non lo è in realtà, seppur i cambiamenti necessari per questa visione sono molti, il Contratto di Lago, il nuovo Collettore, lo Stabilimento e Parco Ittiogenico di Peschiera del Garda e altri progetti in cantiere potrebbero mostrarci, quanto prima, che tutto questo è davvero possibile, io ci credo fino in fondo, è possibile arrivarci!
Anche l’Alborella (Aola), ottima per la frittura, i fortunati che hanno potuto provarla sanno di cosa parlo, è invece un pesce in via di estinzione; dai primi anni 2000 la sua popolazione è improvvisamente crollata numericamente, rendendo necessario un “fermo pesca” a salvaguardia, ultimamente ancora prorogato per 3 anni. La Trota e il Carpione sono talmente rari che non possono più rappresentare un perno economico rilevante su cui contare. Pensare che una volta, prima della costruzione della diga, venivano a “fregare” a Peschiera, fino sul Fiume Mincio dove le pescavano con le peschiere. Interessante l’aneddoto di mio zio Bruno, che mi raccontava che, da piccolo, assisteva alla pesca delle trote, con le reti, dal Ponte San Giovanni sul Canale di Mezzo. Il ponte si colorava poi di rosa dalle tante uova che vi si riversavano una volta issate le trote, oggi è fantascienza solo pensarlo. Altre specie sono diventate poco ambite, anche perchè non si è mai promossa, seriamente, una ristorazione tipica gardesana, nonostante sul Garda ci siano grandi chef e ottimi ristoratori che potrebbero scrivere nuove pagine gastronomiche di tutto rispetto. Grazie al Lugana e al Bardolino il territorio gardesano parla già con voce autorevole, dovrà farlo però anche nella gastronomia, attraverso i prodotti ittici, a mio parere. Oggi il Lago sembra orientato ad essere un allevamento, soprattutto di Lavarelli, specie alloctona arrivata a partire dal 1918, che viene immessa artificialmente in numero enorme ogni anno, a discapito anche delle specie ittiche concorrenti sul piano alimentare, tipo trote e Carpione, per esempio, generando un’altra questione che determinerebbe attenzione massima, ovvero la competizione alimentare. Sono sparite o quasi, tantissime specie di pesci di piccola pezzatura es: l’Aola, come detto sopra, il Vairone(da non confondere con il Triotto), la Sanguinerola, il Cobite, lo Spinarello e il saltarello/gamberetto, che nei miei ricordi di ragazzino, catturavo abbondantemente con il retino tra le alghe…insomma tutta una intera biodiversità stà pian piano scomparendo, a danno di un ecosistema e di tutte le specie che in esso prosperavano. Con le specie ittiche scompaiono anche le zone di Canneto e zone di frega. Mi sembra doveroso prenderne atto in una visione quanto più globale del fenomeno, ma senza alcuna polemica. Concludendo l’amara premessa sviluppo ora il concetto propositivo. Trovo che sia possibile invertire la “rotta” che il Garda ha preso, anche perchè è probabilmente ancora l’unico Lago Italiano a poterlo fare, in virtù della sua “buona” salute. I ripopolamenti dovrebbero tenere conto di tutte le specie ittiche, importantissime nell’equilibrio della catena alimentare e possibilmente non concentrarsi in maniera intensiva solo su alcune. Anche se capisco benissimo il motivo che ha portato a questo e non lo giudico. Si dovrebbe puntare quindi molto sulla tutela “naturale” di tutte le specie ittiche, nel loro habitat, rigenerando le zone di frega e protezione, che potrebbero riconsegnare al Lago di Garda una ampia biodiversità in grado di permettere ragionamenti lungimiranti a livello ambientale, turistico, commerciale e gastronomico, tra l’altro ognuno strettamente interconnesso all’altro. Si deve mettere a progetto e sarà un mio impegno, riprendendo una idea di Enzo Oppi, lungimirante ittiologo gardesano, la fattibilità di costruzione dell’impianto di risalita delle Anguille dalla diga di Salionze, affinchè possano riprendere il loro “cammino” e ciclo naturale di permanenza sul Garda interrotto negli anni ’60…questo aiuterà il ricambio biologico naturale della specie. Certamente è una proposta da valutare molto attentamente in quanto la massiccia presenza di Siluri a valle della diga potrebbe rappresentare un problema. Bisognerà valutare quindi un sistema di risalita selettivo, se esistesse. Inoltre bisogna sostenere le associazioni di pesca che mettono in azione attività volte al ripopolamento, in loco, delle Alborelle, secondo logica e indicazione degli ittiologi, fattore imprescindibile. Servirà potenziare e diversificare il lavoro degli stabilimenti ittiogenici affinchè possano essere un ausilio, ma non la sola soluzione, su questa nuova strada da intraprendere.
Bisognerà intensificare i controlli, riaggiornando anche le tempistiche di fermo pesca per riproduzione, per i pescatori professionisti, come per quelli sportivi, di cui anch’io faccio parte. Ho la certezza o meglio la speranza, che il Lago di Garda possa trovare una sua dimensione ed equilibrio per diventare il miglior lago italiano ed europeo, vuoi per qualità delle sue acque, che per la ricchezza di biodiversità, offrendo così anche una ampia gamma di prodotti ittici gastronomici, che, lavorati ad arte, insieme al miglioramento ambientale, genererebbero un ulteriore e virtuoso vettore economico, sostenibile, per il futuro. Sarebbe una ulteriore modalità di promozione del territorio che verrebbe così raccontato nel modo migliore, a mio modo di vedere. La strada sembra lunga, ma non lo è in realtà, seppur i cambiamenti necessari per questa visione sono molti, il Contratto di Lago, il nuovo Collettore, lo Stabilimento e Parco Ittiogenico di Peschiera del Garda e altri progetti in cantiere potrebbero mostrarci, quanto prima, che tutto questo è davvero possibile, io ci credo fino in fondo, è possibile arrivarci!