Come è evoluta o involuta l’ittiofauna del Lago di Garda?
…lo sapevate che, ad oggi, abbiamo presumibilmente perso o drasticamente ridotto il 25% del totale delle specie originarie gardesane?
Per esempio la Lampreda Padana, il Pigo, il Vairone, la Sanguinerola, il Cobite Barbatello, lo Spinarello e lo Scazzone.
Sono scomparse anche specie non autoctone, circa il 40% del totale.
Anche se per alcune non è stato probabilmente un “male”, per l’impatto che potevano generare sull’ecosistema, come nel caso della Carpa Erbivora (Amur) e Salmone Argentato.
Scomparse o presunte tali, sempre tra le specie alloctone sono l’Acerina, il Salmerino di Fontana, Salmerino Alpino e il Lucioperca.
Di immissioni sperimentali, più o meno “consapevoli”, ne sono state fatte parecchie a partire dai primi anni del ‘900, alcune riuscite, altre molto meno e alcune addirittura stravaganti.
Cliccando l’hastag su Facebook: #contrattodilagodelgarda potete leggere, per esempio, la storia dell’immissione del Salmone Argentato, che poteva rivelarsi una vera “bomba biologica”.
Questa, invece, vi farà sorridere…tra il 1955 e il 1956 si tentò l’immissione, pensate, di Cefali con ben 42.000 esemplari, tutti estinti velocemente.
Stessa fine che fecero i Salmoni Argentati solo una ventina di anni dopo.
Alla lista delle specie autoctone e alloctone scomparse potrebbe aggiungersi, a breve, anche l’Alborella (Aola), di cui mi preoccupa soprattutto sapere se, tra le specie rimaste, sia ancora presente il “patrimonio genetico” autoctono, viste le svariate e non coordinate azioni di immissione da vari bacini e corsi d’acqua.
A rischio o in forte calo anche il Triotto, il Barbo, il Cobite Comune (Faraguada), Pesce Sole e Pesce Gatto, di cui da anni non vedo più le nuvole nere di avannotti sui “lavatoi” di Porta Brescia, ecc…
A rischio anche le Trote Lacustri autoctone e la specie endemica simbolo del Garda, ovvero il Carpione.
Se in passato si procedeva spesso ad immissioni dettate da necessità/speranze economiche insieme alla scarsa consapevolezza di base, oggi il problema risiede nella mancanza di coordinazione, comunicazione e nella difficoltà di affrontare i problemi alla radice.
Ovvero, se una specie cala o è a rischio estinzione bisogna affrontare il problema scientificamente, con dati ed evidenze certe, per essere in grado di produrre soluzioni efficaci.
Inoltre è diffusa l’egoistica convinzione che, dal Lago, si possa prelevare pesce in modo indiscriminato a proprio piacimento.
La “biomassa” disponibile non è infinita e non si rigenera al ritmo del prelievo, in quanto risente di tantissimi fattori.
Bisogna inoltre capire che questo prelievo, alla cieca, continuerà pesantemente ad erodere l’ormai esile equilibrio biologico…”a buon intenditor, poche parole”.
Il senso dei miei post e articoli è rendere consapevoli, stimolare la “cultura dell’acqua”, coinvolgere e proporre soluzioni e non cercare “colpevoli”.
Per esempio, conosciamo la “biomassa”, intesa come la quantità totale di pesce effettivamente disponibile nel Lago?
Siamo consci del reale equilibrio tra prelievo della pesca sportiva e professionale rispetto immissioni e nascite?
Pensateci bene…chi di noi intraprenderebbe un viaggio in auto senza sapere se la benzina sia sufficiente per arrivare a destinazione?
Ora stiamo consumando biomassa, senza sapere se il consumo sia effettivamente sostenibile rispetto la disponibilità.
Serve stimare e quantificare tutto questo e lo possiamo fare tramite il Contratto di Lago, sviluppando il punto 5 e 7, ovvero tramite il monitoraggio della flora e fauna e l’osservatorio permanente del paesaggio, che dovrà mettere sulla bilancia dati, indicatori ed evidenze per ottenere uno spaccato dello stato attuale del Garda e della sua evoluzione futura.
Mi permetto di fare i complimenti alla Regione Lombardia che sta portando avanti un ambizioso progetto di recupero del Carpione, tramite il centro G.R.A.I.A e UPSdG che si sta applicando per un progetto di recupero dell’Alborella di Lago e a FIPSAS che, insieme alle altre sigle ed enti, tra cui la Regione Veneto, si sono espresse a sostegno del progetto dello Stabilimento e Parco Ittiogenico di Peschiera del Garda.
Vorrei infine citare un banale proverbio: “…il cane di più padroni muore di fame”.
Come zona di confine, di più confini in realtà, il Garda ha patito per anni una situazione che vedeva i problemi dell’ecosistema e habitat divisi nella gestione tra Veneto, Lombardia o Trentino.
Fortunatamente le cose stanno cambiando grazie anche al Contratto di Lago.
Questo Contratto mi rafforza sempre più l’idea d’essere la soluzione logistica e di “governo” più coerente con le reali necessità che il Garda esprime, perché sintetizza le azioni da intraprendere senza divisioni di competenza territoriale.
Riassumo il mio augurio per il Garda, per questo nuovo anno, in una sola parola: CONSAPEVOLEZZA!
Per esempio la Lampreda Padana, il Pigo, il Vairone, la Sanguinerola, il Cobite Barbatello, lo Spinarello e lo Scazzone.
Sono scomparse anche specie non autoctone, circa il 40% del totale.
Anche se per alcune non è stato probabilmente un “male”, per l’impatto che potevano generare sull’ecosistema, come nel caso della Carpa Erbivora (Amur) e Salmone Argentato.
Scomparse o presunte tali, sempre tra le specie alloctone sono l’Acerina, il Salmerino di Fontana, Salmerino Alpino e il Lucioperca.
Di immissioni sperimentali, più o meno “consapevoli”, ne sono state fatte parecchie a partire dai primi anni del ‘900, alcune riuscite, altre molto meno e alcune addirittura stravaganti.
Cliccando l’hastag su Facebook: #contrattodilagodelgarda potete leggere, per esempio, la storia dell’immissione del Salmone Argentato, che poteva rivelarsi una vera “bomba biologica”.
Questa, invece, vi farà sorridere…tra il 1955 e il 1956 si tentò l’immissione, pensate, di Cefali con ben 42.000 esemplari, tutti estinti velocemente.
Stessa fine che fecero i Salmoni Argentati solo una ventina di anni dopo.
Alla lista delle specie autoctone e alloctone scomparse potrebbe aggiungersi, a breve, anche l’Alborella (Aola), di cui mi preoccupa soprattutto sapere se, tra le specie rimaste, sia ancora presente il “patrimonio genetico” autoctono, viste le svariate e non coordinate azioni di immissione da vari bacini e corsi d’acqua.
A rischio o in forte calo anche il Triotto, il Barbo, il Cobite Comune (Faraguada), Pesce Sole e Pesce Gatto, di cui da anni non vedo più le nuvole nere di avannotti sui “lavatoi” di Porta Brescia, ecc…
A rischio anche le Trote Lacustri autoctone e la specie endemica simbolo del Garda, ovvero il Carpione.
Se in passato si procedeva spesso ad immissioni dettate da necessità/speranze economiche insieme alla scarsa consapevolezza di base, oggi il problema risiede nella mancanza di coordinazione, comunicazione e nella difficoltà di affrontare i problemi alla radice.
Ovvero, se una specie cala o è a rischio estinzione bisogna affrontare il problema scientificamente, con dati ed evidenze certe, per essere in grado di produrre soluzioni efficaci.
Inoltre è diffusa l’egoistica convinzione che, dal Lago, si possa prelevare pesce in modo indiscriminato a proprio piacimento.
La “biomassa” disponibile non è infinita e non si rigenera al ritmo del prelievo, in quanto risente di tantissimi fattori.
Bisogna inoltre capire che questo prelievo, alla cieca, continuerà pesantemente ad erodere l’ormai esile equilibrio biologico…”a buon intenditor, poche parole”.
Il senso dei miei post e articoli è rendere consapevoli, stimolare la “cultura dell’acqua”, coinvolgere e proporre soluzioni e non cercare “colpevoli”.
Per esempio, conosciamo la “biomassa”, intesa come la quantità totale di pesce effettivamente disponibile nel Lago?
Siamo consci del reale equilibrio tra prelievo della pesca sportiva e professionale rispetto immissioni e nascite?
Pensateci bene…chi di noi intraprenderebbe un viaggio in auto senza sapere se la benzina sia sufficiente per arrivare a destinazione?
Ora stiamo consumando biomassa, senza sapere se il consumo sia effettivamente sostenibile rispetto la disponibilità.
Serve stimare e quantificare tutto questo e lo possiamo fare tramite il Contratto di Lago, sviluppando il punto 5 e 7, ovvero tramite il monitoraggio della flora e fauna e l’osservatorio permanente del paesaggio, che dovrà mettere sulla bilancia dati, indicatori ed evidenze per ottenere uno spaccato dello stato attuale del Garda e della sua evoluzione futura.
Mi permetto di fare i complimenti alla Regione Lombardia che sta portando avanti un ambizioso progetto di recupero del Carpione, tramite il centro G.R.A.I.A e UPSdG che si sta applicando per un progetto di recupero dell’Alborella di Lago e a FIPSAS che, insieme alle altre sigle ed enti, tra cui la Regione Veneto, si sono espresse a sostegno del progetto dello Stabilimento e Parco Ittiogenico di Peschiera del Garda.
Vorrei infine citare un banale proverbio: “…il cane di più padroni muore di fame”.
Come zona di confine, di più confini in realtà, il Garda ha patito per anni una situazione che vedeva i problemi dell’ecosistema e habitat divisi nella gestione tra Veneto, Lombardia o Trentino.
Fortunatamente le cose stanno cambiando grazie anche al Contratto di Lago.
Questo Contratto mi rafforza sempre più l’idea d’essere la soluzione logistica e di “governo” più coerente con le reali necessità che il Garda esprime, perché sintetizza le azioni da intraprendere senza divisioni di competenza territoriale.
Riassumo il mio augurio per il Garda, per questo nuovo anno, in una sola parola: CONSAPEVOLEZZA!